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Xavi e Sarri, dal palleggio al corto muso per continuare a vincere

Antonio Moschella
Xavi e Sarri, due ossessionati dal palleggio capaci di rinnegarsi per vincere
Xavi e Sarri, due ossessionati dal palleggio capaci di rinnegarsi per vincereAFP
Vincitori entrambi per 1-0 nelle ultime uscite contro due rivali potenti, il tecnico del Barcellona e della Lazio, le due squadre con più clean sheet in Europa, hanno compreso che non sempre l'estetica paga

"Al momento della verità, siamo tutti bilardisti". Questa frase, attribuita a un anonimo argentino, riflette come nessun'altra la condizione secondo le quale in fin dei conti nello sport tutti vogliono vincere. Stereotipo della vittoria a tutti i costi,  in Argentina il dottor Carlos Salvador Bilardo è stato storicamente opposto a Cesar Luis Menotti, esteta e profeta del bel calcio senza l'ossessione per la vittoria, creando una dicotomia ormai immortale che viene portata avanti per spiegare le differenze tra chi cerca il trionfo con ogni mezzo e chi invece predica bellezza fine a sé stessa.

Xavi Hernandez e Maurizio Sarri, allenatori di Barcellona e Lazio, sono sicuramente adepti della scuola menottiana, quella il cui principale fondamento è la ricerca della bellezza in ogni azione, possibilmente con il totale contro della palla. Entrambi amanti della dottrina di Johan Cruyff, che predicava un divertimento dei calciatori e del pubblico, sono rispettivamente allievo e calco di quel Pep Guardiola che ha messo il possesso di palla alla base della sua concezione di fare calcio.

Nell'ultima settimana, tuttavia, entrambi hanno 'rinnegato' questo fondamento per forza di cose, senza vergognarsi di poter essere etichettati come ipocriti. Il catalano lo ha fatto nella semifinale di andata della Coppa del Re, quando in casa del Real Madrid ha rinunciato al possesso di palla per poter dedicarsi a un gioco più sparagnino ed effettivo. Senza Pedri, il suo principale folletto in grado di combinare possesso e dinamismo, Xavi ha preferito lasciare la sfera nei piedi dei centrocampisti blancos, cercando poi di contrattaccare come poteva. E ci è riuscito. La vittoria per 1-0 in casa degli odiati nemici non dà garanzie assolute di passaggio del turno, ma è comunque il risultato che lui voleva: "Non mi sento di dire che ci siamo snaturati. Ma non potevo mica permettermi di togliere la palla a Modric e a Kroos", avrebbe detto al 90esimo. Una vittoria arrivata con il 35% di possesso palla, un dato quasi scandaloso per il club catalano, la cui cultura della cura del palleggio è ormai insita nella sua identità da decenni.

Il secondo deve aver visto con molta attenzione l'incontro del Santiago Bernabeu, dato che ha riproposto un canovaccio quasi simile allo stadio Maradona, dove la sua Lazio ha avuto la meglio sul Napoli suonando praticamente la stessa musica di 24 ore prima a Madrid. Difesa bassa, esterni di difesa bloccati e un centrocampo bello folto per chiudere gli spazi alla dominatrice della Serie A, mai sconfitta finora in casa in campionato. Difesa granitica e un centrocampo a metà tra il combattivo e il virtuoso, con un gol da cineteca di Vecino, più avvezzo alla clava che al fioretto, come emblema del suo trionfo. Un trionfo arrivato anch'esso con il 35% di possesso palla. Proprio come fatto dal suo collega la sera prima a Madrid.

Il 17esimo clean sheet dei bianconcelesti, inoltre, ne conferma la solidità difensiva. Meglio di loro, in Europa, finora solo il Manchester United e il Barcellona, con 19. Perché, ogni tanto, cambiare non fa male, e sebbene la miglior difesa possa essere l'attacco il calcio insegna che per vincere, quando le risorse mancano, il segreto è sempre prima non prenderle. Alla memoria del dottor Bilardo, il cui unico credo era uno: la vittoria a tutti i costi.