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Verso Porto-Inter: la maturazione del leader Pepe, 40enne al comando dei Dragoni

Antonio Moschella
Pepe durante un contrasto con un avversario
Pepe durante un contrasto con un avversarioAFP
Il difensore di origini brasiliane sembra fatto di acciaio inossidabile, e stasera affronta l'Inter con addosso l'aura da condottiero forgiato da mille battaglie

Ha da poco varcato la frontiera dei 40 anni, ma è ancora integro come se ne avesse la metà. Pepe, difensore centrale e capitano del Porto che oggi affronta l'Inter nel ritorno degli ottavi di finale di Champions, è il centro di gravità dei lusitani. Non importa l'età ma la fermezza e la prontezza di riflessi, due doti che nel marcatore di origini brasiliane sono migliorate con il passare del tempo. Come un Tawny o un Ruby, le due varietà di quel vino liquoroso invecchiato in pregiati barili che prende il nome proprio dalla città di Porto, con la quale lui si sente estremamente identificato.

La sua è una storia di quelle da film, con il suo arrivo in Portogallo dal Brasile appena maggiorenne e senza un euro. Da quel momento, quando iniziò regolarmente ad allenarsi con il Maritimo, il ragazzo nato in una delle regioni più povere del suo paese natale comprese subito il valore dello sforzo, condizione necessaria per continuare a migliorare in vari aspetti, soprattutto a livello mentale. 

Altissimo ma anche molto rapido, fu notato immediatamente per il suo carattere indomabile, la virtù che lo ha portato a essere anche molto longevo, come testimoniato da una carriera che dura ormai da 21 anni a livello professionistico. La sua naturalizzazione lo ha portato inoltre a sentire il Portogallo come la sua vera patria, a guisa di ringraziamento per l'accoglienza ricevuta quando era ancora squattrinato e veniva spinto solo dalla speranza di una svolta immediata.

Le sue 133 presenze con la nazionale lusitana certificano la sua condizione di inossidabile, di difensore centrale rognoso, spesso cattivo ma anche molto efficiente nell'arte più complicata, quella di fermare l'avversario che punta la propria porta nel modo più pulito. Dopo essere stato un cardine del Porto dal 2004 al 2007, passò al Real Madrid nell'indifferenza più totale, per poi prendersi il posto da titolare grazie alla sua dedizione al lavoro. Spesso accusato di essere troppo violento, come nella serie di calci gratuiti a Casquero del Getafe, con la dovuta pazienza Pepe ha trasformato la sua rabbia in energia positiva, e alla soglia dei trent'anni ha svoltato, diminuendo i cartellini gialli e aumentando le chiusure limpide.

Maturazione

La sua indole da guerriero, però, è rimasta, aiutandolo a sviluppare una forza mentale impressionante attraverso la quale è riuscito a mantenere altissimo il livello di competitività. La finale degli Europei 2016 in casa della Francia, nella quale il suo Portogallo sembrava già sconfitto in seguito all'uscita di Cristiano Ronaldo per infortunio dopo appena 20 minuti, lo vide salire in cattedra respingendo uno dopo l'altro gli attacchi dei padroni di casa. Una performance mostruosa di un 33enne che ancora aveva fiato ed energie da spendere ad altissimi livelli.

La parentesi turca al Besiktas lo ha forgiato ulteriormente, e tornato al Porto a 36 anni suonati è stato investito subito dal ruolo di condottiere assoluto. Un ruolo che ancora oggi non vuole lasciare, anche perché per Sergio Conceicao Pepe continua a rappresentare la miglior combinazione tra il leader e il baluardo. Un mix perfetto che non conosce logorii dovuti al passare del tempo. 

È dunque a un difensore centrale che continua a maturare, nonostante i 40 anni, che l'allenatore dei lusitani si affida oggi per fare da scudo alle incursioni dei vari Dzeko, Lautaro e compagni. Una difesa eretta da un muratore che con gli anni è diventato architetto, componendo una muraglia fortissima grazie a un'esperienza e una voglia di vincere fuori dal comune.