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L'urlo liberatorio di Matteo: la rinascita del campione sfortunato

Matteo Berrettini celebra la vittoria a Gstaad
Matteo Berrettini celebra la vittoria a GstaadGABRIEL MONNET / AFP
Il futuro di Berrettini dipenderà dall'equilibrio che il romano sarà in grado di trovare sia dal punto di vista sportivo che mentale.

La vittoria a Gstaad era importante. Proprio come lo era stato il primo trionfo stagionale ottenuto a Marrakesh. E già, perché se è vero che, in Marocco, Matteo Berrettini aveva ritrovato la fiducia nei propri mezzi, è altrettanto vero che, in Svizzera, il romano ha ritrovato le migliori sensazioni e soprattutto il suo tennis.

E no, non è ancora presto per parlare di rinascita perché l'obiettivo, almeno quello a breve termine, non è né può essere la Top 10. Per quello bisogna aspettare ancora un po', ma dalle sue parole si capisce che Berretto è cosciente di quanto sia importante, in questo momento di crescita esponenziale, evitare di perdersi in voli pindarici.

Equilibrio, sia sportivo che mentale. È di questo che ha bisogno un atleta che, di certo, non è stato fortunato, ma che, allo stesso tempo, ha capito di aver commesso qualche errore e che, ora, proverà a non inciampare una seconda volta su quella stessa pietra, tenendo sempre presente che quello attuale è il momento di continuare a camminare. Solo così riuscirà, tra qualche tempo, di nuovo a correre.

Dove tutto era cominciato

A Gstaad, Matteo ha vinto il suo nono titolo Atp sullo stesso campo sul quale, nel 2018, conquistò il suo primo trionfo nel circuito internazionale. Una vittoria che gli permette di tornare nella Top 50, sebbene l'asticella sia già stata spostata 20 posti più in su: "È una sensazione incredibile, sembra ieri che vincevo qui il mio primo titolo, sei anni fa. E invece - ha aggiunto il romano - da allora sono successe tante cose. Sono felice di poter giocare e godermi, credo di aver ritrovato le sensazioni di sei anni fa in questa settimana".

Le statistiche della finale di Gstaad
Le statistiche della finale di GstaadFlashscore

Step by step, senza fretta né inutili stress. Anche perché c'è ancora tanto da fare e dimostrare. Ma la buona notizia è che il primo a saperlo è proprio lui: "All'inizio della stagione abbiamo deciso che non avremmo pensato al mio ranking perché avevamo tanti dubbi, intanto sul mio corpo - ha fatto sapere dopo aver battuto il francese Quentin Halys - . La cosa più importante è che sto bene e che gioco bene. Se queste due cose succedono, posso fare bene. Voglio farlo allo Us Open e in tutta l'estate americana. Un buon obiettivo può essere arrivare tra i primi 30 all'Australian Open".

Ecco, appunto, la cosa più importante è stare bene e giocare bene perché solo così arriveranno anche i risultati. Quelli grandi e importanti. Quelli che ha riassaporato, nonostante il palcoscenico non fosse quello di uno Slam, nell'importantissima vittoria in semifinale contro Stefanos Tsitsipas, arrivato in Svizzera da testa di serie numero uno e spazzato via dal romano. Una vittoria che, molto più che quella in finale, fa classifica, morale e, soprattutto, tennis che è proprio quello di cui ha bisogno Matteo.