Serie A, sempre più un campionato di serie B: il verdetto dal mercato
Povera Serie A! E non si tratta di un'iperbole. Le casse dei club del campionato italiano, infatti, sono vuote per davvero. Basta dare un'occhiata quanto sta succedendo nell'attuale sessione invernale del calciomercato per rendersene conto.
In realtà, il problema è più ampio e riguarda tutti i tornei più importanti del vecchio continente fatta eccezione, naturalmente, per la Premier League, vera e propria dominatrice in Europa quando si tratta di mettere mano al portafogli.
Tuttavia, la presenza di colossi come il Bayern Monaco, il Paris Saint Germain, il Real Madrid e il Barcellona hanno permesso alla Bundesliga, alla Ligue1 e alla Liga di mantenersi a galla. In Italia, invece, anche le cosiddette big sono con l'acqua al collo.
Prova ne è che l'ultimo titolo di Champions League conquistato da una squadra italiana risale al 2010. Dopo il Triplete dell'Inter di José Mourinho, soltanto la Juventus è riuscita davvero a dire la sua nella massima competizione europa perdendo, però, entrambe le finali disputate contro il Barça nel 2015 e il Real nel 2017.
Ebbene, è da allora che la Serie A non riesce a essere presente in una finale di Champions mentre, nelle ultime cinque edizioni, tutti gli altri campionati top sono risuciti a piazzare almeno una propria rappresentante nell'ultimo atto del torneo per club più importante al mondo.
Come dicevamo, però, la netta superiorità della Premier rischia di far saltare il banco anche a Parigi, Berlino e Madrid, oltre che a Roma. Basta dare anche una rapida occhiata al totale investito in questi 26 giorni di gennaio dalle squadre inglesi: 466 milioni, più del quadruplo di quanto speso dalle squadre degli altri quattro campionati messe assieme.
Fanalino di coda, manco a dirlo, proprio la Serie A (9 milioni), preceduto dalla Ligue1 (21), dalla Liga (24) e dalla Bundesliga (48). Briciole, considerate che solo il Chelsea ne ha spesi quasi 200.
La crisi della Serie A è strutturale: dagli stadi vecchi e vuoti, agli scandali fuori dal campo, senza dimenticare che l'Italia, pur essendo campione d'Europa in carica, non è risucita a qualificarsi agli ultimi due Mondiali.
Dei 20 club del nostro campionato, 15 sono rimasti fermi al palo in questa sessione invernale di calciomercato. I 6 milioni versati dall'Udinese per Matheus Martins sono serviti a chiudere l'operazione più importante messa a segno delle squadre italiane.
Con una premessa del genere il rischio per la Serie A (71.497) è quello di essere superata anche dalla Ligue1 (59.497) nel ranking Uefa, dominato chiaramente dalla Premier (103.141), seguita dalla Liga (88.855) e dalla Bundesliga (79.106).
Dopotutto il valore della massima serie francese nonostante un campionato sotto certi aspetti meno competitivo, con tre club a farla da padrone, vale 3,5 miliardi (compreso l’investimento di 1,5 miliardi del fondo CVC) quando la Serie A si attesta sui 3,6 miliardi dopo la pandemia (-9,3% secondo le stime di “Report Calcio” della FIGC). Niente a che vedere insomma con la Premier League, lassù nell’Olimpo con oltre 10 miliardi.
Che la situazione sia tragica non lo diciamo solo noi, ma gli stessi protagonisti. Nella giornata di ieri il presidente del Milan Paolo Scaroni parlando del brand alla Camera ha sottolineato come il ritorno dalle sponsorizzazioni per i rossoneri sia basso in quanto “il campionato è considerato di serie B”.
Si parla di attirare investimenti dall’estero, ma se persino la Roma dei Friedkin ha chiuso l’anno con un passivo di 219 milioni di euro sarà difficile che qualcuno decida di investire. Sono troppi i problemi del calcio italiano, e il Covid ha influito solo in parte, peggiorando la situazione. Perlomeno riuscendo a inserire il cosiddetto emendamento “salva calcio” poi trasformato in “salva sport” si è riusciti a spalmare i versamenti in cinque anni, ma lo “scherzetto” nella manovra finanziaria è costato quasi 900 milioni, suscitando non poche polemiche.
Un modo di rimandare il problema, non certo di risolverlo. L‘”azienda” Serie A presenta un passivo di 665 milioni di euro in un anno, in cui “la parte del leone”, si fa per dire, la fanno proprio quasi tutte le principali squadre: Juventus (– 239,3), Roma (-219,3), Inter (-140,1) e Milan (-66,5). I rossoneri grazie alla “cura dimagrante” di Elliott ne escono meglio, con una razionalizzazione dei costi imposta dal fondo americano.
A proposito di americani, era interessato a investire nel nostro prodotto calcistico il private equity Searchlight Capital Partner con sede a New York, che gestisce 11 miliardi di euro. Nella manifestazione di interesse per rilanciare il nostro calcio con un primo investimento di 2 miliardi figurava la richiesta di cessione del 10% dei club per un periodo di tempo illimitato, e la proposta non è piaciuta soprattutto a Napoli e Lazio, con i “padri padroni” De Laurentiis e Lotito poco inclini a ospitare altri soci a casa loro.
Ecco quindi che al momento non se n’è fatto ancora nulla. Il tempo però stringe e il malato sta diventando cronico. Servono a poco l’indignazione e le risatine quando sentiamo parlare di campionato saudita, visto che rischiamo che in futuro ci scavalchino anche loro. La tradizione è bellissima e la storia è immortale, ma per il presente e il futuro ci vogliono i soldi. E le casse sono in rosso.