Rugby, Parisse: "Non credo che l'Italia mi voglia ai Mondiali"
"Ho qualche dubbio, ho la sensazione che non tutti siano d'accordo sulla mia presenza in squadra. La prossima settimana, credo, verrà diramato il primo elenco dei convocati, una quarantina di giocatori, e le voci che mi arrivano non sono troppo rassicuranti".
Parole, in un'intervista al magazine All Rugby di cui è stata fornita un'anticipazione all'ANSA, di Sergio Parisse, autentico monumento del rugby italiano, che a settembre compirà 40 anni ed è ancora competitivo ai massimi livelli. Non a caso, tra una settimana guiderà il Tolone in un'ennesima finale europea, quella di Challenge Cup (equivalente rugbistico dell'Europa League del calcio) a Dublino contro i Glasgow Warriors.
Se venisse chiamato dal ct, Kieran Crowley, Parisse entrerebbe nella storia diventando il primo giocatore di rugby ad aver disputato sei edizioni del torneo iridato: "Per me sarebbe una cosa grandiosa giocare il sesto Mondiale - dice Parisse -. Giocarlo con la maglia del mio Paese in quella che ormai è casa mia, la Francia. Sarebbe fantastico, e permettetemi di dire che lo sarebbe per tutto il rugby italiano, per la nostra storia come movimento e non solo".
Ma allora perché la sua presenza, ritenuta ingombrante, non sarebbe gradita? "La penso diversamente. Penso all'entusiasmo che ho visto nei ragazzi di Treviso quando siamo stati avversari nella semifinale in Coppa - risponde - . Ho visto ammirazione nei loro occhi e penso agli stimoli e alla passione che potrei trasmettere nei mesi di preparazione. Sarebbe un peccato privare questo gruppo di un apporto così. La mia presenza diminuirebbe le chance di qualificazione in un gruppo con Namibia, Uruguay, Francia e Nuova Zelanda? Davvero c'è qualcuno che pensa questo?".
E se alla fine non venisse chiamato? "Penso che sarebbe una cosa difficile da spiegare fuori dall'Italia. Quello che ho fatto e ancora sto facendo è sotto gli occhi di tutti".