OPINIONE: Juventus, la questione Superlega non dovrebbe essere legata alla giustizia sportiva
Dopo le dimissioni di Agnelli e l’azzeramento dei vertici bianconeri, la Uefa aspettava un segnale di riavvicinamento da parte della Juventus sulla questione Superlega. Segnale che invece non c’è stato. Questo perché evidentemente Agnelli, che pure era il primo sostenitore della rivoluzionaria competizione europea, non era una voce fuori dal coro all’interno della società bianconera, ma solo il portavoce di una soluzione che invece interessa anche ai piani più alti. Detto questo, se un segnale di distensione poteva aiutare i rapporti con la Uefa, non sarebbe neanche giusto, come si sta facendo, considerarlo fondamentale per il futuro nelle coppe europee della Juventus.
Politica e giustizia sportiva sono (e devono restare) due cose diverse
La giustizia sportiva è un conto, la politica è un altro. E seppure la via diplomatica può essere in grado di alleggerire posizioni, la giustizia deve basarsi sui fatti e non sulle intenzioni. E i fatti devono essere valutati liberi da qualsiasi pregiudizio di sorta perché se per non essere squalificati bisogna scendere a patti, non siamo più nell’ambito della giustizia ma del ricatto. L’Uefa ha in mano le pagine dell’inchiesta Prisma della procura di Torino e sta facendo le sue valutazioni, sta cioè cercando di capire se plusvalenze fittizie e manovre stipendi abbiano alterato i conti anche per quanto riguarda il Fair play finanziario. Dovrebbe attenersi a questo e non alla volontà o meno della Juventus di andare avanti nella questione Superlega.
C’è sicuramente un’incoerenza di fondo che infastidisce non poco la Uefa, e cioè come possa una società perseguire la volontà di creare una lega calcistica europea esterna, ma al contempo voler giocare nell’attuale (con tanto di premio economico). Questo sacrosanto fastidio appartiene però sempre alla sfera “politica” e non dovrebbe manipolare quella della giustizia sportiva. La Juventus dopotutto non è la sola società a non aver abiurato l’idea della Superlega, ma è in buona compagnia: il Real, piuttosto intoccabile vista la potenza di Florentino Perez, e il Barcellona, che si trova invischiato in un’altra pericolosa inchiesta, quella del caso Negreira, ovvero l’indagine sui versamenti che la società blaugrana avrebbe fatto all’ex vice presidente del Comitato tecnico degli arbitri, José Enriquez Negreira dal 2016 al 2018. Anche in questo caso l’Uefa segue con attenzione gli sviluppi della vicenda per valutare eventuali mosse. Motivo per cui Laporta ha avuto recentemente un colloquio con Aleksander Čeferin, il numero uno della Uefa.
Due inchieste quasi in contemporanea che una certa dietrologia non ha mancato di notare, considerandole una “vendetta di Čeferin” per la questione Superlega. Senza lavorare di fantasia ma restando al conosciuto, è indubbio però che la Juventus di Agnelli come principale promotore della nuova competizione abbia rappresentato per Ceferin qualcosa di “speciale”. Al di là dell’aspetto politico e di quello inerente alla giustizia sportiva che la Uefa dovrà valutare, il numero 1 della Uefa si è visto tradito in un rapporto personale con l’ex amico Andrea Agnelli, dopo che l’ex presidente Juve l’aveva persino voluto come padrino di sua figlia. Ne avrebbe fatto, insomma, anche una questione personale. Ecco perché ora, con Agnelli fuori dai giochi, non si capacita di come la Juventus non stia tendendo una mano a Nyon rinunciando all’idea della Superlega. Da Torino non giungono segnali: forse lo farà o forse no, forse sta aspettando semplicemente l’esito del nuovo processo previsto per il 15 giugno per capire le possibilità di manovra.
Per parlare di Superlega c'è tempo
Dopotutto di cose a cui pensare la società bianconera ne ha abbastanza, per usare un eufemismo. Mentre cerca di capire il “futuro europeo” tra penalizzazione attuale e quella potenziale del nuovo processo, deve anche ricostruire dalle macerie. Ecco perché gli spifferi da Torino, oltre a dare ormai per quasi certo l’arrivo del direttore sportivo Cristiano Giuntoli, in uscita da Napoli, registrano un certo fastidio dei vertici dopo la sconfitta di Empoli che avrebbe dato uno scossone alla posizione di Massimiliano Allegri, prima del match confermato dal Chief football officer Calvo con una “fiducia incondizionata”. Anche lo stesso azionista di maggioranza della società, John Elkann, a margine di un intervento alla Bocconi si è limitato a parlare del futuro prossimo, dicendo di aver avuto un colloquio con Allegri e che il tecnico sarebbe determinato a dare il meglio in queste ultime due partite di campionato per meritare l’Europa sul campo.
Due partite. E il futuro? Se Allegri non dovesse essere riconfermato alla guida, si fanno i nomi di Igor Tudor, che sembrerebbe deciso a porre fine alla sua esperienza a Marsiglia, ma anche di un altro ex, Raffaele Palladino, attualmente al Monza. Al fianco di questi nomi, si sta affacciando anche la candidatura di Thiago Motta, reduce da un’ottima stagione alla guida del Bologna, ma anche suggestioni straniere come Sergio Conceicao del Porto, in scadenza nel 2024 e Julian Nagelsmann, esonerato nel finale di stagione dal Bayern Monaco. Deciderà nel caso Giuntoli, quando approderà a Torino.