Maurizio Sarri e il ritorno a Napoli del "Masaniello" del pallone
C'era una volta il Napoli di Maurizio Sarri. Beh, dopo aver ascoltato Luciano Spalletti in conferenza stampa la sensazione è che c'era e c'è ancora. E già, perché il tecnico toscano ha ammesso con estrema franchezza di essere un grande ammiratore del collega e che l'eredità lasciata attraverso "i solchi dei passaggi" sui campi di allenamento sia più importante di qualsiasi tipo di paragone.
A differenza di quanto succede con Massimiliano Allegri, Spalletti e Sarri non condividono, infatti, soltanto la regione di provenienza, ma anche un'idea di calcio e di vita molto simile: "Ci portiamo dietro una cultura di lavoro e un modo di stare in campo che era caratteristico di giocatori che sono stati qua. Con Sarri abbiamo cose simili e trovo sempre interessanti le sue riflessioni".
Alla vigilia della sfida contro la Lazio e, quindi, del ritorno di Sarri a Napoli, l'impressione è che Spalletti ci abbia tenuto a sottolineare l'importanza del lavoro del collega per provare a indurre i propri tifosi a riservargli l'accoglienza che, secondo lui, merita, sottolineando come molte delle sue idee tattiche erano già state portate da lui al San Paolo, oggi Maradona: "Il possesso palla ti dà la possibilità di decidere dove vuoi andare a giocartela. In questo Sarri è stato un Masaniello da un punto di vista calcistico, si è reso capopopolo di un nuovo modo di vedere le cose. Io in tv sceglievo di vedere il Napoli di Sarri. Quando ho potuto. Lui è più ordinato di me come quadratura tattica. Anche con la Lazio fa un gioco bellissimo. Sono un corpo unico, e non è facile trovare una finestra aperta".
Ciononostante, non sarà semplice, nemmeno per l'artefice del grande Napoli targato Osi-Kvara, far cambiare idea a chi ha messo una croce sul tecnico, anzi, per dirla con Spalletti, sul capopopolo che ha illuso la gente prima di tradirla accettando di allenare la Juventus. E già, perché il legame che Sarri era riuscito a stringere con la realtà azzurra andava ben oltre il terreno di gioco e abbracciava una città intera che lo aveva eletto a suo simbolo.
Allo stesso modo, nemmeno Sarri torna a cuor leggero nella città che lo ha fatto grande. E non solo per i problemi di regolarità della sua Lazio, ma anche perché, in fin dei conti, Spalletti sembra destinato a imporsi - a livello di risultati - dove lui ha fallito. E questo, un po' di amarezza non può non provocarla.
Sull'eredità tattica che ha lasciato a Castel Volturno, invece, non si può non essere d'accordo con Spalletti. Ciononostante, è altrattanto vero che quel gioco spumeggiante, Sarri non è più riuscito a riproporlo né al Chelsea, né alla Juventus - dov'è stato costretto a ricorrere al braccino per vincere il campionato - né alla Lazio.
Ed è per questa ragione che oggi Sarri tornerà in uno stadio e in una città che, probabilmente, non avrebbe mai dovuto lasciare. Non fu solo colpa sua, ma questo, oramai, conta meno di niente.