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Juve e Fiorentina, storia di amori e tradimenti: da Baggio a Chiesa passando per Antognoni

Raffaele R. Riverso
Federico Chiesa con la maglia della Fiorentina
Federico Chiesa con la maglia della FiorentinaProfimedia
Da Cervato a Vlahovic, ma gli addii che più hanno fatto male ai tifosi della Fiorentina sono stati, senza dubbio, quello del Divin Codino e di Chiesa, passato alla Juventus dopo una vita in viola. Proprio come Bernardeschi. L'unico a mantenere la parola data è stato il "grande capitano".

Mai dire per sempre. Per descrivere il trasferimento di un calciatore dalla Fiorentina alla Juventus, esiste una sola parola: "Tradimento". Figuariamoci se a sfilarsi la maglia viola per indossare quella bianconera è una leggenda del club gigliato. Soltanto un Capitano, un numero dieci, un simbolo viola è riuscito, però, a manterene la promessa fatta ai propri tifosi: Giancarlo Antognoni, l'unico a dire "no" anche a Gianni Agnelli in persona.

Non è semplice individuare con certezza la data precisa dell'inizio della rivalità tra le due società. Alcuni la fanno risalire all'11-0 rifilato dai piemontesi ai toscani nel 1928. Altri allo scudetto vinto dai bianconeri nel 1982 che ebbero la meglio, tra le polemiche, proprio della società viola.

Se spostiamo, invece, l'attenzione sull'oramai grande tradizione di tradimenti, il primo addio ad aver fatto veramente male alla tifoseria fiorentina è stato quello di Sergio Cervato, mitico difensore viola che, alla fine degli anni Cinquanta, si trasferì a Torino dopo aver vinto uno scudetto e aver perso la Finale della Coppa dei Campioni 1957 contro il Grande Real Madrid di Alfredo Di Stefano.

I tifosi viola non la presero bene, ma la loro reazione non può di certo essere paragonata a quella di 31 anni dopo. Manca meno di un mese all'inizio delle notti magiche di Italia '90 e a essere scippata della propria felicità non è solo una squadra, bensì un'intera città. E già, perché a Firenze, la felicità ha i riccioli, poi diventati divin codino, di Roberto Baggio.

"Non ci lasceremo mai", aveva assicurato il fuoriclasse di Caldogno, ignaro (forse) delle manovre del proprio club. Il conte Pontello, infatti, si era già riunito con Adriano Galliani e aveva dato il suo "sì" al trasferimento del campione vicentino al Milan. La leggenda racconta, però, che fu lo stesso avvocato Agnelli a far saltare l'operazione, facendo notare a Silvio Berlusconi come avere in squadra i tre olandesi fosse sufficiente e non fosse il caso di "esagerare".

E così, per venti miliardi di lire, Baggio non si trasferì a Milano, ma a Torino. L'annuncio ufficiale arrivò a metà maggio, non in una data qualsiasi, bensì il giorno dopo della finale di ritorno di Coppa Uefa vinta quell'anno dai bianconeri proprio contro la Fiorentina. 

La città fu messa a ferro e fuoco. La polizia dovette intervenire per placare gli animi senza, però, riuscirci. Almeno non con le buone. Oltre trenta feriti, sebbene la ferita più grande, quella inferta dall'addio di Roby, non si è mai cicatrizzata.

L'anno dopo, il 6 aprile 1991, Baggio tornò a Firenze con la maglia della Juve, ma non ebbe il coraggio di tirare il calcio di rgore fischiato da Lo Bello ai bianconeri. Dagli undici metri si presentò De Agostini che, però, sbagliò. Quel giorno, a vincere, fu così la Fiorentina (1-0) e Roby, uscendo dal terreno di gioco, raccolse la sciarpa che un tifoso viola gli aveva lanciata e la indossò prima di imboccare il tunnel degli spogliatoi.

Tra il tradimento di Baggio, probabilmente il miglior calciatore italiano di sempre, e quelli più recenti di Federico Chiesa e Dusan Vlahovic, meritano una menzione speciale i casi Felipe Melo e Federico Bernardeschi.

Il centrocampista brasiliano non era di certo una bandiera del club viola. Tuttavia, l'odio nei confronti della Juventus era ancora così forte che quando si seppe della trattativa tra i due club, i tifosi viola minacciarono la propria società con uno striscione: "Melo alla Juve uguale zero abbonamenti".

In realtà fu un assist al bacio per il ds di allora, Pantaleo Corvino, che fece capire ai dirigenti bianconeri che esisteva una sola strada percorribile: quella indicata dai 25 milioni di euro della sua clausola di rescissione. E così fu.

Federisco Bernardeschi contro la Fiorentina
Federisco Bernardeschi contro la FiorentinaAFP

Otto anni dopo, invece, fu Federico Bernardeschi a commettere lo stesso errore di Roberto Baggio: "Sarebbe difficile andare alla Juventus dopo 11 anni di settore giovanile viola. Prima viene la Fiorentina, poi Bernardeschi". E, invece no. Correva l'anno 2017 e anche lui si trasferì alla corte della famiglia Agnelli, lasciando nelle casse gigliate 40 milioni di euro. A differenza del Divin Codino, però, Bernardeschi non vinse il Pallone d'Oro.

Dall'addio di Baggio, l'unico dolore simile - senza, però, arrivare a quei livelli - i tifosi viola l'hanno provato quando a fine ottobre 2020, nell'ultimo giorno dell'atipica campagna acquisti ritardata dall'irruzione del Covid, la Juventus annunciò l'ingaggio di Federico Chiesa: "Sono deluso dall’uomo", il commento amaro del presidente Rocco Commisso.

Cresciuto nel settore giovanile della Fiorentina, Chiesa supera quota cento presenza prim'ancora di compiere 20 anni. Diventa il simbolo della socieà che gli affida la fascia di capitano che vestirà anche pochi giorni prima del tradimento nella gara di campionato contro la Sampdoria.

Un'operazione complessiva tra fisso (40) e bonus (10) da 50 milioni di euro, superata 15 mesi dopo da quella che vide per protagonista Dusan Vlahovic. Anche in questo caso, il presidente viola non avrebbe voluto mollare la prese sul centravanti serbo, nemmeno per 80 milioni. Ma, messo con le spalle al muro, fu costretto a farlo: "I procuratori di Vlahovic bugiardi e disonesti. Quando l'accordo sembrava vicino ci hanno detto che l'ingaggio di 4-5 milioni l'anno non era abbastanza, Dusan, che nel frattempo si arruffianava i tifosi, ne voleva 8 netti l'anno e loro stessi hanno alzato la cifra delle commissioni pretendendo anche il 10% sulla futura vendita e l'esclusiva".