ESCLUSIVA - Menotti: "Mbappé miglior giocatore del mondo, offre qualcosa in più di Messi"
Sta seguendo il Mondiale in Qatar?
Dal 1970 al 2018 ho visto tutti i Mondiali in loco, viaggiando. La prima volta a Messico ‘70 andai con i pochi mezzi che avevo, perché non avevo soldi. Ma quest’anno ho deciso di non andare in Qatar perché per me non è uno scenario adatto per un Mondiale di calcio. I Mondiali si devono giocare in Italia, in Argentina, in Germania… Vedere campioni come Messi giocare in Qatar è come vedere Astor Piazzolla fare un concerto in un bar di quartiere. È un Mondiale molto triste, non sto godendo di questo spettacolo. In Qatar manca il background culturale per poter godere davvero di quanto offre il calcio.
È una questione di acustica, potremmo dire.
Esattamente. Immaginati uno stadio vero, con tifosi veri. La gente che è in Qatar non è appassionata di calcio, è gente che consuma business. Che consuma qualsiasi prodotto gli viene messo davanti. Ma l’acustica di un teatro come il Colón (storico stabilimento di Buenos Aires ndr) non è come quella di un bar di quartiere. E la musica di qualità necessita di un’acustica di qualità. Lo stesso vale per il calcio. E chi assiste alle partite del Mondiale è semplice pubblico, non un gruppo di spettatori. È una distinzione importante. Non si tratta di gente che sappia apprezzare davvero il gioco. Anche perché, siamo onesti, gli appassionati di calcio non sono ricchi. Quelli che oggi sono in Qatar sono turisti che passano il tempo vedendo le partite.
La sua Argentina sembra finalmente aver trovato la quadra
Continuo a pensare alla musica. Il calcio è come la musica, la prima cosa che bisogna avere in un’orchestra sono i musicisti, che devono essere bravi. Ma se la partitura è mediocre, anche i musicisti bravi ne risentono. L’Argentina ha dei musicisti di qualità e ha trovato un direttore d’orchestra, Scaloni, che ha compreso quali fossero le caratteristiche dei suoi musicisti ed è riuscito a creare un’orchestra compatta e intonata. Ma lungi da me pensare che l’Argentina è la migliore orchestra del mondo. È un’orchestra intonata che ha un salto di qualità nell’individualista d’eccezione, che ovviamente è Messi. Che però da solo non potrebbe farcela.
Che strumento suona Messi?
Tutti. È il grande musicista che ha l’Argentina.
Che Mondiale sta vedendo?
Il calcio sta vivendo una decadenza strepitosa. È la prima volta nella storia dei Mondiali che non si conoscono i giocatori delle squadre. Prima si sapeva che nella Germania c’era Beckenbauer, oggi chi conosce il leader della Germania? A parte Messi, Modric e Mbappé, quanti sono davvero conosciuti? Ed è tutto conseguenza del fatto che le nazionali non rappresentano un business.
Ha notato alcuni progressi tattici in questo Mondiale?
No. Gli allenatori si definiscono per la loro concezione di calcio attraverso quattro parametri: difesa, recupero palla, gestione e definizione. È molto difficile sviluppare bene più di una sola caratteristica al massimo livello. Eppure è semplice, la cosa più importante del calcio è il pallone. Per esempio, il Brasile del ‘70, quello dei cinque numeri 10, non aveva praticamente bisogno di gente che recuperasse, perché la squadra era cortissima. Quel Mondiale fu il mio primo di sempre, e lo vidi grazie a mio suocero, che mi regalò una carta Diners. Quel Brasile fu una squadra imbattibile e irripetibile, la miglior nazionale che ho visto in vita mia.
Oggi è più importante recuperare il pallone o difendere?
Non bisogna sempre avere giocatori d’interdizione, come era Clodoaldo nel Santos e nel Brasile, perché per recuperare si può usare una tecnica di riduzione degli spazi. Credo, quindi, che difendere sia molto più difficile, perché per recuperare si può anche rischiare un fallo, ma nel momento in cui uno fa fallo mentre difende in area rischia il rigore. Oggi, inoltre, si parla troppo di schemi, 4-3-3, 4-4-2, per me non sono che numeri di telefono. Ricordo che una volta Pelé chiese lui ai giornalisti: “Come fate a definire il nostro modulo un 4-4-2?”.
A proposito di Pelé, il tonfo del Brasile è stato fragoroso.
È da tempo ormai che il Brasile vive un periodo difficile. E adesso che non ha leader non è riuscito a sopperire alla mancanza di concretezza tecnica. Neymar, inoltre, non vive il suo miglior momento. Lo stesso è successo all’Uruguay. Si è persa la rappresentatività della nazionale. Troppe partite con le squadre di club e pochissimo impegno nei ritiri. E questa crisi è manifesta nell’eliminazione della Germania e anche nell’assenza dell’Italia.
Otto anni dopo, l’Argentina torna in finale. Giocare a Doha non è come farlo a Rio…
È qui che si nota la decadenza del calcio. Vincere al Maracaná sarebbe stata tutta un’altra cosa.
Qui in Argentina si parla molto della ‘maradonizzazione’ di Messi, sia per quanto fatto in campo sia per le uscite fuori di esso.
Non hanno niente a che vedere. Anche perché io ho allenato Diego per sei anni, e prima di diventare dipendente dalla cocaina era sempre stato un signore con tutti. Poi le cose sono andate come sono andate. La differenza tra i due è nel carattere. Messi è un ingenuotto, non ha il carattere dell'uomo della strada. Adesso, a 35 anni, inizia ad avere alcuni comportamenti che non ha mai avuto. Ma Messi non è argentino, a 12 anni è andato a vivere a Barcellona. Dopo la partita con l’Olanda ha fatto quel teatrino…
La finale sarà contro la Francia.
La squadra che più mi è piaciuta finora per quanto riguarda il gioco. Per me è la migliore nazionale dei Mondiali attuali. Ha un gioco creativo, libero, è un tipo di orchestra che mi fa ricordare il calcio di tanto tempo fa. Griezmann è un giocatore d’altri tempi, e lo vedo felice mentre gioca con la nazionale.
La stella, però, è Kylian Mbappé.
È una macchina, un jugador de la puta madre. Dicono che fa troppe finte e troppi movimenti, ma a me non interessa, a me sta simpatico e per me gioca benissimo. Oggi è il miglior giocatore del mondo. Oggi in una squadra Mbappé offre qualcosa in più di Messi. È coraggioso, scaltro, si inventa giocate…
Come vede la partita di domenica?
Ha le potenzialità per essere una grandissima partita. Difficile per entrambe le squadre.
Lei ha detto che la Francia è la squadra che più le è piaciuta. Ma il tifo per l’Argentina dovrebbe essere incondizionato…
Certo, ma non mi piacerebbe che vincesse senza meritare. Non mi emozionano gli elogi alla vittoria se non c’è stato il merito. E meritare deriva dall’essere migliori in campo, essere onorevoli, non imbrogliare, non speculare. Non essere miserabile. Qui in Argentina siamo cresciuti tutti con la felicità di poter calciare un pallone. Oggi è tutto un business, ma non bisogna dimenticare da dove veniamo. Io voglio che l’Argentina giochi bene. E se devo spiegare cosa significhi giocare bene, significa che chi me lo domanda non è appassionato di calcio.