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Pogacar e la nuova età dell'oro del ciclismo: quando lo sport diventa letteratura

Raffaele R. Riverso
I due campionissimi
I due campionissimiBelga via AFP
Se il rivale da battere sulle tre settimane ha esclusivamente il profilo di Jonas Vingegaard, nelle corse di un giorno la lista è ampia e variegata: da Remco Evenepoel a Wout van Aert e Mathieu Van der Poel, solo per citare i più importanti. Campioni che, probabilmente, vinceranno meno di quanto avrebbero fatto in un'altra epoca. Tuttavia, nessuno potrà mai privarli dell'orgoglio di aver dato del filo da torcere a quello che tra qualche anno potrebbe essere considerato il miglior ciclista della storia.

Ci sono campioni chiamati a cambiare le regole e la percezione sociale di uno sport a tal punto da diventare termine di paragone accettato da tutti: "Il Maradona o il Michael Jordan" di questo o quello sport. Quante volte l'abbiamo sentito? 

Ebbene, quando questo succede, bisogna farsi trovare per godersi il momento e ad avere questa fortuna, in questo preciso momento, è il ciclismo. E anche chi non ha seguito assiduamente le vicende di questo sport negli ultimi tre lustri sa bene quanto ci fosse bisogno di una ventata nuova.

Aria fresca per uno sport che aveva perso buona parte della proprioa credibilità. Tadej Pogacar, tuttavia, non è solo. Senza rivali all'altezza, sia nelle Classiche che nei grandi giri, il cannibale sloveno non sarebbe riuscito a riportare il ciclismo anche nelle conversazioni degli appassionati più distratti, ma incapaci di rimanere impassibili di fronte a un'impresa sportiva.

Campione umano

Aver ceduto il passo a un altro campionissimo come Jonas Vingegaard nelle due precedenti edizioni del Tour de France è stato, infatti, fondamentale per umanizzare un atleta che, in caso contrario, sarebbe stato considerato un extraterrestre.

E in uno sport dove la diffidenza degli osservatori esterni è stata, per troppo tempo, confermata dalla realtà dei fatti, non conveniva a nessuno, nemmeno allo stesso Tadej, che a vincere fosse sempre e solo lui.

E poi, diciamolo, il campione che dimostra di sapersi rialzare dopo essere caduto non una ma due volte di fila è ancora più amato dai tifosi che, assieme a lui, hanno vissuto il suo dramma, soprattutto l'anno scorso quando un infortunio alla mano gli impedì di presentarsi al meglio della propria condizione alla Grand Boucle.

Non solo Jonas

E se il rivale da battere sulle tre settimane ha esclusivamente il profilo del crack danese (in attesa di capire se Remco Evenepoel sarà in grado, nelle prossime stagioni, di fare quel passo che ancora gli manca per competere sul serio con i due campionissimi), nelle corse di un giorno la lista di personaggi in grado di rubargli i riflettori è ampia e variegata: dallo stesso Remco a Wout van Aert e Mathieu Van der Poel, solo per citare i più importanti.

Perché Pogacar è soltato il diamante più brillante della nuova età dell'oro del ciclismo mondiale. Un'età dell'oro che, senza tutti questi grandi campioni non sarebbe tale. Ed è proprio per questa ragione che i trionfi, e sono davvero tanti e grandiosi, di Tadej acquisiscono ancora più valore perché, sebbene la sua esuberanza faccia sembrare pedalabile anche la salita più dura, il livello dei suoi avversari è, loro malgrado, altissimo.

Loro malgrado. Perché avrebbero potuto vincere molto di più se fossero capitati in un'altra epoca. Ciononostante, nessuno potrà mai privarli dell'orgoglio di aver dato del filo da torcere a quello che tra qualche anno potrebbe essere considerato il miglior ciclista della storia. Perché il ciclismo è anche e soprattutto epica, emozione e narrazione. E con un protagonista principale del genere, qualsiasi racconto diventa letteratura.