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Perché l'addio di Dybala sarebbe stato un avvenimento tristemente storico per il calcio italiano

Aggiornato
Paulo Dybala
Paulo DybalaAlessandro Tocco / NurPhoto via AFP
Arrivato 12 anni fa al Palermo, la Joya ha giocato come professionista praticamente solo in Serie A, quella Serie A che ha rischiato di restare orfana di un giocatore dal talento cristallino, come il suo fisico. Dopo una lunga riflessione, l'argentino ha però deciso di restare a Roma, e a ringraziarlo non sono soltanto i tifosi giallorossi ma l'intero calcio italiano.

Era sbarcato gioioso e quasi incredulo a Palermo, nell'estate del 2012. E adesso, 12 anni dopo, Paulo Dybala avrebbe potuto lasciare Roma per l'Arabia. Magari con un'espressione agonizzante e mogia, tipica dei momenti di sconforto ai quali si lasciava andare quando era vittima di un infortunio. Ossia, molto spesso. Il fantasista argentino, che ancora deve compiere 31 anni, ha rischiato di abbandonare la Serie A dopo avervi disputato praticamente per intero la sua carriera da professionista, eccezion fatta per la prima stagione con Instituto, la squadra di Cordoba dove è cresciuto e per la quale ha sempre fatto il tifo.

I primi anni da scapigliato a Palermo, dove insieme al conterraneo Franco Vazquez fece sognare il Barbera, e le sporadiche ma scintillanti serate europee con la Juventus hanno segnato una parte cruciale del suo percorso, che in casa Roma aveva cercato un riscatto definitivo, nonostante le mire meno ambiziose per una questione di rosa e di budget. Paulo, invece, in giallorosso ha sciorinato sprazzi di fútbol ammirevole ma fine a sé stesso, alternando opere d'arte a momenti di assenza. Il tutto a corollario di un tragitto che lo ha visto indebolirsi fisicamente col passare degli anni, nonostante una tecnica sfolgorante che lo faceva apparire sempre privilegiato.

Lo storico recente di infortuni di Dybala
Lo storico recente di infortuni di DybalaFlashscore

Cristallo

Un fisico leggero e sottile, proprio come il suo talento. Un talento proprio di un ragazzo cresciuto nel potrero di argentina concezione. Il tutto con un sinistro toccato dalla bacchetta magica che nel suo paese d'origine aveva in precedenza colpito anche il piede di un certo Diego Armando Maradona e un tal Lionel Messi. Ma, al di là degli scomodi paragoni, la Joya ha sempre parlato con arabeschi, dribbling eleganti e spunti da romantico. Lui che da numero 10 ha avuto difficoltà ad adattarsi al calcio moderno, non ha però mai negato la sua essenza, ossia quella di una vera gioia da esporre in pubblico. Nomen omen.

Perché la sua fragilità fisica era pari al suo estro, grazie al quale sopperiva anche alla differenza fisica con gli avversari. Negli anni di Palermo, quando ancora era giovanissimo, sprizzava energia e continuità da tutti i pori. Poi, il passaggio alla Juventus gli diede più responsabilità, ma la convivenza con Massimiliano Allegri non gli permise di fare il vero salto di qualità, nonostante i 22 gol nella stagione 2017-18 e un'indimenticabile doppietta al Barcellona l'anno prima che aveva fatto sperare a tutti, juventini specialmente, che gli indugi fossero finalmente rotti.  

Triste

Una gemma di cristallo aveva bisogno di un esteta per brillare. E così fu con Maurizio Sarri, con il quale Dybala visse probabilmente il suo idillio più grande, prima di iniziare ad accusare sempre più problemi fisici e a mordere troppo spesso il freno. E nonostante la Juve e la sua numero 10 fossero il top per lui, che con l'Italia ha avuto un feeling immediato anche per via delle ascendenze familiari, la sua mancanza di continuità lo ha obbligato a cercare la rivincita in una piazza difficile come Roma. E all'Olimpico, sponda giallorossa, lo hanno amato tutti. Incondizionatamente.

Perché, del resto, anche se lì non si vince spesso, un artista ruba sempre l'occhio se non perde la sua genialità. E di genio, Paulo ne ha avuto da vendere fino all'ultimo scampolo di partita, quando contro il Cagliari ha tracciato una pennellata che solo l'impreciso Dovbyk non ha trasformato in arte. 

Il suo addio a Trigoria e alla Serie A sarebbe stato un avvenimento tristemente storico per il nostro campionato, che avrebbe perso il suo gioiello più scintillante, la cui brillantezza non si riesce a scorgere sempre in modo nitido, ma che quando apre il cuore vive di luce propria.