OPINIONE: la Juve è tornata sulla terra, ma non datele la colpa di aver infranto sogni
All'indomani della sconfitta interna contro l'Udinese piovono critiche su Allegri, anche ragionevoli viste le scelte tecniche quantomeno discutibili del livornese. Una su tutte Alex Sandro al posto di un Rugani che si era ben comportato fin qui, e con cui la Juve aveva sempre vinto tranne all'andata nel pareggio contro l'Inter.
A peggiorare la situazione agli occhi di tifosi e addetti ai lavori le dichiarazioni del tecnico a fine partita, dove Allegri è sembrato rinunciatario, quasi fatalista, assegnando di fatto lo scudetto all'Inter: "È normale che l'ambizione di stare dietro l'Inter era importante, ma parliamo di una squadra che è stato costruita per vincere. La Juventus da due anni ha iniziato un percorso diverso".
Al netto di parole che possono far male a un tifoso e al brusco risveglio dal sogno scudetto ci troviamo però di fronte a un semplice ritorno alla normalità. Questa Juventus non aveva come obiettivo quello di lottare per vincere lo scudetto, né la società ha voluto provarci fino in fondo sennò avrebbe fatto uno sforzo sul mercato, sforzo che invece non c'è stato. Né in quello estivo, dove a parte il ritorno di Cambiaso si è registrato solo l'arrivo di Weah, né in quello invernale che pure doveva sopperire alle squalifiche di Fagioli e Pogba. Gli arrivi di Alcaraz e Djalò sembrano infatti più tasselli di una Juve futura che rinforzi della presente.
Una prova di forza che ha demoralizzato l'ambiente
L'unica arma della Juventus contro l'Inter era/è l'assenza dalle coppe, che insieme all'entusiasmo generato dalla presenza di tanti giovani aveva illuso di poter fare un colpaccio, un po' come due anni fa è riuscito al Milan. Allora a perdere lo scudetto fu Inzaghi, ma quest'anno sembra aver fatto tesoro dell'esperienza, e passi falsi finora non ce ne sono stati. A pesare molto sull'umore dei ragazzi di Allegri, infatti, oltre alla sconfitta di misura contro i nerazzurri sarà stata anche la vittoria in rimonta dell'Inter a Roma, in un impegno ostico che poteva riaprire in parte il campionato.
La prova di forza nerazzurra ha di fatto cancellato le residue speranze, anche se la stagione è lunga, gli impegni tanti e qualche infortunio per strada potrebbe minare la solidità. La qualità della rosa però ha già dimostrato di poter fare a meno persino del fulcro del gioco, Calhanoglu, rimpiazzato più che degnamente in un'occasione da Asllani. Forse dove l'Inter potrebbe avere più problemi è l'attacco, con Lautaro e Thuram che non sembrano godere di sufficiente copertura da Arnautovic e Sanchez. Per il resto la squadra creata da Marotta e Ausilio e messa a disposizione di Inzaghi è sufficientemente forte da poter affrontare due competizioni e arrivare in fondo a entrambe, vista la qualità dei cambi a disposizione.
L'obiettivo primario e una domanda da farsi
La Juve, più che risvegliarsi da un sogno, oggi è tornata sulla terra. Dove doveva stare e da dove il suo allenatore non l'ha mai alzata di un palmo, almeno nelle dichiarazioni pubbliche. Era in fondo più la speranza di tifosi e giornali di trovare un'antagonista capace di rendere la vita difficile ai favoriti, visti il crollo del Napoli campione d'Italia e i problemi della ristrutturazione Milan. La voglia, insomma, di godersi un campionato combattuto, che invece adesso con un +7 e una partita in meno sembra ormai deciso.
Passata la delusione, i bianconeri devono rimettersi in carreggiata e superare il momento difficile (un punto in tre partite) per non perdere di vista l'obiettivo principale, la qualificazione in Champions League. Potrebbero poi provare ad aggiungere un altro trofeo, la Coppa Italia, vista l'assenza dalla competizione proprio dei nerazzurri eliminati agli ottavi dal Bologna.
E proposito di questo, una domanda viene spontanea: saranno sufficienti una qualificazione in Champions e la coppa nazionale per la conferma del tecnico? Nel caso di Pirlo non sono bastate.