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OPINIONE: Juve, l'epica dei gregari è solo un affascinante alibi, serve anche altro per puntare allo scudetto

Marco Romandini
Cambiaso e Gatti, la classe operaia va in Paradiso
Cambiaso e Gatti, la classe operaia va in ParadisoProfimedia
Cambiaso e Gatti riportano in auge "la classe operaia" che ha contribuito a fare la storia bianconera, ma se la vecchia filosofia può essere ancora vincente, da sola non può bastare.

Ci risiamo. La Juventus torna a competere per il primo posto e lo fa come piace al suo allenatore, di corto muso, e torna l'epica della squadra operaia, dei gregari, su cui i bianconeri hanno costruito, oltre a una mitologia su misura (le esaltazioni di Torricelli, Pessotto, Birindelli, parlando solo di terzini), la loro storia. 

Una visione facile, lirica, ideale per farci un articolo romantico, ma che rischia di essere fuorviante. Se Cambiaso che fa assist e Gatti che risolve due partite consecutive si inseriscono nel solco di questa lunga tradizione di gregari vincenti, facendo intravedere lo spirito della Juventus che fu, non va dimenticato che giocatori come Pessotto, Birindelli, Di Livio, Torricelli, Ravanelli, Padovano hanno aiutato quella squadra a vincere grazie alla loro abnegazione, ma chi permetteva di dominare in Italia e in un caso anche in Europa, si chiamava Del Piero, Zidane, Baggio, giocatori con le stimmate del fuoriclasse, del fenomeno generazionale. E questo restando soltanto agli ultimi decenni, sennò bisognerebbe citare Platini, Sivori, e tanti altri fenomeni che hanno fatto la storia bianconera.

Per il bel gioco manca qualità tecnica

Non va dimenticata poi tutta la pletora di grandissimi giocatori che facevano da contorno, gente che dava del tu alla palla, campioni e non gregari, perché anche se il ruolo è oscuro, c'è modo e modo di farlo. Insomma, i gregari hanno fatto e possono fare ancora la fortuna della Juve, ma serve anche altro. Se la Juventus gioca male, e gioca male, la colpa non è solo dell'allenatore che non le dà schemi e movimenti, ma è connaturata anche al fatto che tecnicamente la qualità è bassa, e questo ieri si è visto in modo lampante nei tanti errori di misura nei passaggi, specie nel tentativo di rilanciare l'azione, che hanno permesso al Napoli nel finale di chiudere i bianconeri in area. Un difetto notato ovviamente anche da Allegri, che puntualmente a fine partita ripete "bisogna migliorare nella gestione della palla, nella precisione dei passaggi". Più facile a dirsi che a farsi se il materiale tecnico a disposizione è carente in quel fondamentale.

Così com'è evidente la mancanza di un giocatore di fantasia, magari specializzato negli assist, in grado di legare centrocampo e attacco. L'uomo che ti fa la differenza con una giocata, insomma. Qualcosa che poteva essere Pogba, ma che non è stato per le vicissitudini note. Ecco così che la Juventus deve ripartire dalle accelerazioni di Chiesa, lui sì in grado di fare la differenza, e affidarsi alla vena di un ritrovato McKennie o alle improvvisate sgroppate di "cavallo pazzo" Rabiot. Un gioco che dà i suoi frutti perché ci si chiude dietro e si riparte in velocità con Chiesa-Vlahovic, ma che per forza di cose non può essere spettacolare, orchestrato. 

Questa Juventus, aspettando il mercato di gennaio, ha evidenti limiti che sono al momento nascosti bene da una ritrovata impermeabilità difensiva, ma che la pongono per forza di cose sotto all'Inter come potenzialità. La forza della Juventus è la rabbia, la voglia di riscattare una stagione considerata ingiusta, e la sua carta migliore è l'assenza dalle coppe. Se basterà per trionfare si vedrà, ma Giuntoli e lo stesso Allegri conoscono benissimo le lacune, vedremo se a gennaio la dirigenza deciderà di fare uno sforzo economico per puntare seriamente allo scudetto.