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La crisi del Milan: dal silenzio rumoroso dei tifosi alle idee poco chiare di un club assente

Raffaele R. Riverso
E la curva se ne va...
E la curva se ne va...Flashscore - ČTK / AP / Luca Bruno
La protesta della Curva Sud, arrivata dopo la rivolta social contro Lopetegui, ha fatto capire a Gerry Cardinale che, quest'anno, non potrà decidere tutto lui, ma che dovrà tener conto delle esigenze e delle emozioni di una piazza che non si riconosce più nel proprio club.

Uno scudetto, un quarto e un secondo posto. Soltanto l'Inter, nelle ultime tre stagioni, ha fatto meglio in campionato del Milan che, l'anno scorso, è arrivato anche in semifinale di Champions League. Eppure il club rossonero è costantemente in subbuglio. Una crisi totale che coinvolge tutti, sia dentro che fuori dal terreno di gioco.

Nessuno è contento: dal silenzio "rumoroso" dei tifosi a quello puro della società che dà l'impressione di non aver capito come si gestisce un club di calcio al di fuori dei propri briefing, dei propri big data, dei propri powerpoint. 

E così, dopo il #nopetegui, è arrivata la clamorosa protesta della Curva Sud in occasione della gara di campionato di ieri contro il Genoa, durante la quale il popolo rossonero ha illustrato le proprie rischieste prima di abbandonare i propri seggiolini: "Strategia comunicativa. Presenza istituzionale. Acquisti mirati. Coesione. Ambizione. Capacità. Un progetto vincente parte dalla società". Perché "Milano non si accontenta”.

Il "rumore del silenzio", arriva dopo la tempesta perfetta che ha inghiottito Julen Lopetegui, un tecnico che la tifoseria del Milan ha ritenuto, semplicemente, non all'altezza. Tanto è bastato, però, per smascherare una società che ci ha messo davvero poco a rinunciare alla propria idea, dando l'impressione di aver buttato la proposta lì per vedere l'effetto che fa.

Allenatore top

Ebbene, l'effetto è stato devastante. E non solo per l'ex ct della nazionale spagnola, ma anche e soprattutto per l'immagine di una società che non sembra avere una chiara strategia alternativa a Stefano Pioli.

Prova ne sia che lo stesso Arrigo Sacchi, nei giorni scorsi, ha chiesto alla dirigenza rossonera di confermare il tecnico emiliano "se non si dovesse riuscire a prendere un allenatore top".

Resta da capire chi sarà a decidere quale allenatore sarà abbastanza top per la panchina del Milan. La società preferirebbe un tecnico malleabile. I tifosi, però, hanno mandato a dire ai propri dirigenti di preferire Conceiçao a Fonseca e, in linea generale, che non permetteranno a Gerry Cardinale di sostituire Pioli con un altro "Yes, sir". 

Sì, un altro. Perché la colpa più grande di Paolo Maldini e Frederic Massara era quella di avere un punto di vista proprio e indipendente sulla gestione del club. E l'attuale proprietario voleva essere libero di modellare a proprio piacimento il suo nuovo giocattolo e sapeva che, prima o poi, sarebbe entrato in conflitto con l'ex capitano rossonero.

Il fattore emotivo

E da che parte si sarebbero schierati i tifosi? Dalla stessa che hanno scelto oggi: quella opposta a Cardinale e compagnia che non sono ancora riusciti a capire che non si potrà mai esportare il modello Moneyball al calcio europeo: quantomeno non interamente.

L'analisi dei dati è, infatti, sicuramente importante, ma a patto che non si decida parallelamente di prescindere dell'identità e del fattore emotivo, liberandoti di figure come Sandro Tonali e Paolo Maldini che, nei momenti di crisi istituzionale, come quello attuale, avrebbero potuto convincere la gente a sostenere la squadra per il bene del club.

Un club nel quale, invece, i tifosi oggi non si riconoscono più, che non sentono più loro. E, in una situazione del genere, nemmeno un idolo come Rafa Leao è esente da critiche e contestazioni. 

Detto questo, non si capisce quanto possa essere azzeccata la decisione di fischiare il tuo unico fuoriclasse, l'uomo da cui il Milan deve necessariamente ripartire. Con il permesso del Big Data, s'intende...