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Inter-Lazio, Inzaghi contro Sarri: sfida generazionale tra due tecnici moderni

Raffaele R. Riverso
Simone Inzaghi e Maurizio Sarri
Simone Inzaghi e Maurizio SarriProfimedia
Aver allenato il club biancoceleste è il trait d'union tra un allenatore alla moda, disposto a guardare al futuro con ottimismo, e uno che, contrariamente al collega, si è stancato di essere definito moderno e che, oggi, rimpiange il calcio di 20 anni fa.

La sfida tra l'Inter e la Lazio metterà di fronte, nella seconda semifinale della Supercoppa italiana, due degli allenatori più bravi della Serie A. Da una parte, un tecnico che ha dimostrato che si può divertire nonostante il 3-5-2 e, dall'altra, uno che non si è mai allontanato, se non eccezionalmente, dal 4-3-3 perché, come direbbe Zdenek Zeman, "è il modulo che mi permette di occupare meglio il campo".

Ma non è questa l'unica differenza tra i due. A differenza di Sarri, la cui irruzione in Serie A è arrivata tardi, Inzaghi non ha avuto problemi a trovare un posto al sole, nel massimo campionato italiano, ad appena 40 anni. A scommettere su di lui è stata proprio la Lazio.

Inter-Lazio
Inter-LazioFlashscore

Ed è proprio il club biancoceleste il trait d'union tra un allenatore moderno, disposto a guardare al futuro sempre con ottimismo e uno che, al contrario, si è stancato di essere definito moderno e, oggi, rimpiange il calcio di 20 anni fa, quando allenava in Serie D.

Stanco di essere moderno

Eppure, quando ha esordito nel massimo campionato italiano, Sarri si sentiva a suo agio avvolto nell'etichetta di tecnico offensivo e, per certi versi, rivoluzionario. Idee che, nonostante i suoi 55 anni suonati, lo rendevano più giovane dentro di chi, invece, era anagraficamente più giovane fuori.

E così, dopo i miracoli di Empoli, arrivò la grande avventura al Napoli seguita da quella al Chelsea e alla Juventus, dove però non gli bastò vincere uno scudetto per essere confermato in panchina. C'era da far posto ad Andrea Pirlo, un allenatore più "giovane" e, secondo chi prese quella decisione, "dalle idee ancora più innovative di lui".

E, invece, dopo 9 anni di dominio assoluto, la Juve non riuscì a vincere il decimo scudetto consecutivo, entrando in Champions League soltanto per il rotto della cuffia. Beh, si può dire che è in quel momento che Sarri perde definitivamente il sorriso e la fiducia nel calcio moderno diventando un po' grugnone, meno offensivo e più attento ai risultati.

"Se faccio delle critiche, le faccio per il calcio italiano. Ci terrei che tornasse quello di 20 anni fa, non per fare polemiche sterili. Quando uno ti dice quello che pensa, penso che sia anche un aiuto per migliorare. Se lo fa in malafede è un altro discorso", ha assicurato alla vigilia della sfida contro l'Inter.

L'Inzaghi famoso

L'Inzaghi allenatore, invece, nel calcio moderno ci è cresciuto e quello di 20 anni fa lo conosce soltanto per il suo passato da calciatore, quando, però, era più che altro il fratello di SuperPippo. Oggi, invece, il più famoso dei due fratelli è proprio lui.

Prova ne sia che, dopo la partenza lanciata alla Lazio, è stato reclutato dall'Inter per rendere meno amaro l'addio di Antonio Conte. E la verità è che, sebbene non sia ancora riuscito a vincere lo scudetto, sono pochissimi i tifosi interisti che rimpiangono il suo predecessore.

Ma non è stato semplice imporsi a San Siro e, dopo il fallimento della campagna 2021-2022 culminata con il soprasso scudetto del Milan, Inzaghi ha addirittura rischiato il siluramento. Marotta, però, lo ha confermato e lui ha ripagato la fiducia riportando l'Inter in una finale di Champions League e, più in generale, dando una chiara identità tattica alla propria squadra che oggi vince e convince.

Il suo prossimo obiettivo, a questo punto, è quello di vincere la sua quinta Supercoppa e staccare, così, Marcello Lippi e Fabio Capello. Mica due allenatori qualsiasi.