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Inter, Dimarco: "Dopo Sion volevo smettere, la maglia dell'Inter va trattata coi guanti"

Federico Dimarco esulta dopo il gol nel derby contro il Milan
Federico Dimarco esulta dopo il gol nel derby contro il MilanPiero Cruciatti / ANADOLU / Anadolu via AFP
L'esterno nerazzurro ha ripercorso la sua carriera, parlando della sua crescita e dei suoi momenti difficili

Federico Dimarco, calciatore dell'Inter e della Nazionale italiana, ha rilasciato una lunga intervista a Gianluca Gazzoli, autore del podcast 'passa dal BSMT', pubblicato anche su Youtube. L'esterno nerazzurro ha parlato della sua carriera, analizzando le sue stagioni passate: "Andare a Verona è stata una mia scelta personale. Nella mia piccola carriera non mi sono mai fatto consigliare da nessuno. Potevo perdermi ancora, ma ero convinto che con quell'allenatore e quel modo di giocare potevo svoltare, ed è successo, anche se con grande fatica. A Verona son stato veramente bene"

"Ogni giocatore dev'essere padrone del suo destino, dev'essere consapevole e deve andare fino in fondo nelle scelte che fa. Ognuno è diverso. Magari io ho avuto bisogno di cinque-sei squadre prima dell'Inter e ad altri basta un anno fuori. Ognuno ha il suo percorso di crescita, deve fare quello che si sente. Alla fine quello che paga è il lavoro".

"Negli anni sono sempre stato un po' 'giudicato'. Mi dicevano 'No questo è piccolo', 'non arriverà mai', 'adesso è pronto ma vedrete che fra due anni non diventerà nessuno'. Io ho cercato sempre di stare zitto e lavorare e alla fine sono arrivato".

Momenti difficili 

"Dopo Sion pensavo di smettere. In Italia non mi voleva nessuno. Neanche in Serie B credo. Alla fine è arrivato il Parma e anche lì ho fatto 3 o 4 partite, ho fatto gol e poi basta, distacco del tendine dell'adduttore e altri 4 mesi fermi. Mi ero fatto male e nello stesso tempo ho perso un figlio. Cinque mesi da incubo. Mi era venuta la voglia di smettere, ma mi sono guardato dentro e ho proseguito".

Il ritorno all'Inter

"Quando sono tornato all'Inter ero tutt'altro giocatore, ma non ero pronto per giocare determinare partite. Le varie esperienze nello spogliatoio e l'aiuto di determinati giocatori mi ha fatto alzare il livello, ho rubato tante cose positive e da lì è iniziata la scalata, fino ad arrivare a ciò che sono ora".

"In campo cerco di essere me stesso e non cambio. Giocare per l'Inter per me è una cosa bellissima e cerco di dare il massimo. L'ho detto nel video per la festa scudetto: per me questa maglia va trattata coi guanti, lo penso davvero".

"Sicuramente giocare nell'Inter da tifoso fa tantissimo piacere. Io forse vivo troppo le partite. Negli anni da quando sono tornato in nerazzurro, pian piano giocando partite di un certo livello ho imparato a gestire le emozioni". 

"Prima giocare con Barcellona e Real Madrid non era da tutti i giorni. Facendoci l'abitudine è diventata la normalità e la cosa bella è giocare quelle partite lì. La partita da brividi? L'ultimo derby l'ho sentito, era una partita che ci poteva dare tantissimo come togliere. L'esordio in Champions? Un po' amaro, ho giocato col Real e abbiamo perso. L'inno è unico, ti da delle vibrazioni dentro che non si possono paragonare con nulla".

L'orgoglio azzurro

"Vestire la maglia della nazionale è sempre bello, fa un bell'effetto. Stiamo facendo bene dopo il brutto Europeo che abbiamo fatto e ci voleva questa nuova freschezza. Io non è che ci sono arrivato prestissimo in Nazionale. 2 anni fa sono arrivato a giocare con continuità con mister Mancini. Da lì è iniziato un percorso, c'è stato l'Europeo e nessuno è contento di com'è andata ma da li si riparte".