Il sogno è finito: dopo undici anni di paradiso il Sassuolo torna all'inferno
Dopo undici anni di gloria, tutti conclusi con l'immancabile lieto fine, la favola del Sassuolo si è interrotta. Di colpo, quasi senza avvisare, quando nessuno se lo sarebbe mai aspettato.
Tutto ciò a novanta minuti dal termine della stagione regolare, visto che i 29 punti ottenuti fin qui sono ormai insufficienti per sperare nel quartultimo posto dopo il k.o. interno col Cagliari di oggi e i risultati dei match delle 15: Udinese-Empoli 1-1 e Monza-Frosinone 0-1.
Lo scorso 9 ottobre, Pep Guardiola riempì d'orgoglio il petto dei tifosi neroverdi: "Lo scudetto? Spero che lo vinca il Sassuolo". Due settimane prima, la squadra guidata da Alessio Dionisi era riuscita a espugnare lo stadio dell'Inter nella prima sconfitta incassata in Serie A da quelli che sarebbero poi diventati gli incontrastati campioni d'Italia.
Prima e unica. Almeno fino a pochi giorni fa. Il secondo passo falso dell'Inter è arrivato, infatti, lo scorso 4 maggio e a mettere di nuovo lo sgambetto agli Invincibili di Simone Inzaghi è stato, ironia della sorte, di nuovo il Sassuolo.
Ebbene, non è normale che le uniche due sconfitte in campionato della prima della classe siano arrivate contro una squadra retrocessa, così come non è normale che quasi il 30% delle vittorie (2 su 7) di una squadra retrocessa siano arrivate contro la dominatrice assoluta del torneo.
Una piccola che gioca come una grande
Molto spesso, quando una grande in crisi si ritrova a dover lottare per la propria sopravvivenza, si dice che "corre il rischio di non sapere come si gioca per la salvezza". Il Sassuolo che grande non lo è - e che, per dirla tutta, non aspira nemmeno a esserlo perché è contento della propria dimensione (piccola e bella) - non è, però, mai voluto scendere a compromessi sul piano del gioco.
Dai tempi di Eusebio Di Francesco, prima, e Roberto De Zerbi, poi, la società della famiglia Squinzi ha sempre scommesso su un calcio vistoso e spettacolare in quella che, col passare degli anni, è diventata una caratteristica alla quale il club non vuole proprio rinunciare. Un marchio di fabbrica.
E, del resto, senza quell'atteggiamento sfrontato e l'ambizione di non speculare mai e costruire sempre, né Guardiola né gli altri grandi protagonisti del calcio europeo non si sarebbero nemmeno accorti dell'esistenza del Sassuolo: «De Zerbi è uno degli allenatori più influenti degli ultimi 20 anni. Nessun'altra squadra gioca come la sua, è unica. È come un ristorante con stelle Michelin».
E sebbene questa frase di Pep sia stata pronunciata quando il tecnico bresciano era già alla guida del Brighton, il miglior allenatore al mondo - uno che ha influenzato più di ogni altro il calcio negli ultimi quattro lustri - ci ha tenuto a far capire che i meriti di De Zerbi vanno ben oltre i Seagulls e risalgono a ben prima del suo arrivo in Premier League.
Il crollo
Lo spettacolo di magia, però, è finito. I riflettori si sono spenti e non illuminano più il Mapei Stadium. Sotto questo aspetto, l'infortunio di Domenico Berardi rappresenta la metafora perfetta della stagione neroverde. Senza i suoi gol, infatti, non c'è stato nulla che i suoi compagni di squadra abbiano potuto fare per evitare la fine del sogno.
A questo punto, toccherà alla famiglia Squinzi dimostrare che in realtà non è la fine, ma che si tratta solo di una piccola e spiacevole parentesi nella storia di un club convinto di poter diventare, anzi di essere già una bella e solida realtà di uno dei campionati più importanti al mondo. Arrivederci Sassuolo.