Il Napoli ha mezzo scudetto già scucito, e le colpe vanno ricercate a monte
Se la trasferta dell'Allianz Stadium del 29 aprile scorso era stao il culmine del gran cammino del Napoli di Luciano Spalletti, quella di ieri nello stesso stadio ne ha invece segnato l'inglorioso oblio. Meno di otto mesi dopo la vittoria che praticamente regalò agli azzurri l'attesissimo terzo Scudetto, nel medesimo campo è arrivata la certezza ufficiale della loro abdicazione. Un colpo durissimo per i partenopei, che a Natale sono già fuori dai giochi per difendere il prestigioso badge che portano in mezzo al petto.
Dal gol di Raspadori all'errore di Kvaratskhelia sembra essere passata un'era geologica. Un'era nella quale gli azzurri hanno quasi dimenticato come concretizzare le occasioni offensive create e, soprattutto, sono diventati debolissimi in difesa, come dimostrato dal mancato stacco di Rrahmani (l'ennesimo) in occasione del gol decisivo di Gatti. Troppe defaillance per una squadra che viene da un'annata nella quale aveva dominato il campionato in lungo e in largo. Insostenibile il peso dello scudo da portare in guerra, per il quale non solo il guerriero azzurro ha perso mobilità nella difesa ma difetta anche della velocità nell'attaccare con la spada.
Il Napoli si è sgonfiato di botto, perdendo la verve della stagione passata e pagando carissimo il prezzo di uno Scudetto storico, arrivato con tante medaglie al valore. L'obbligo di onorare il ruolo di campioni d'Italia è stato troppo pesante per una truppa che ha perso il suo comandante, l'unico vero fuoriclasse. E che infatti è stato chiamato a salvare la nazionale italiana.
Crollo
Come un castello di carte, quello costruito da Aurelio De Laurentiis insieme a Cristiano Giuntoli e Spalletti è crollato giù al primo colpo di vento. Del resto, senza il direttore sportivo e l'allenatore, i due architetti principali del trionfo della stagione scorsa, non si poteva pensare che il solo presidente potesse fare da demiurgo, timoniere e predicatore. Per di più, la vittoria lo ha portato a pensare che la sua macchina da corsa potesse continuare a essere solidissima a prescindere dall'addio del meccanico e dell'ingegnere che ne avevano edificato il telaio.
Un peccato originale, quello del patron azzurro, riflesso nell'inconcepibile scelta di Rudi Garcia come allenatore a metà giugno. Una scelta inspiegabile visto il recente passato del francese, unico a essere cacciato via dall'Arabia Saudita, e alla quale ha poi fatto seguito un mercato mediocre e pieno di scommesse, per il momento tutte perse. Aggiuntasi la partenza di un totem come Kim, la cui centralità a livello tattico era assoluta, lo scenario apocalittico si è calato sul Maradona, dove la squadra azzurra ha un andamento da retrocessione.
Come il Milan
Per ritrovare un'altra squadra campione che aveva sperimentato un notevole downgrade in quanto a risultati nell'era dei tre punti bisogna risalire alla stagione 1996-97, quando il Milan che l'anno prima aveva ottenuto il suo 15esimo titolo chiudendo un decennio storico ebbe anch'esso un calo netto nelle prestazioni. L'esperimento di Silvio Berlusconi con Oscar Washington Tabarez non funzionò, e lo stesso valse dopo il ritorno di Arrigo Sacchi alla 12esima giornata.
Dopo 15 partite, le stesse in cui il Napoli ha praticamente alzato bandiera bianca, il Milan di quell'annata era decimo, a otto punti dalla vetta occupata dalla Juventus, la quale avrebbe poi trionfato. Una distanza inferiore rispetto a quella che attualmente hanno gli azzurri sempre con i bianconeri, sopra di 12 lunghezze, ma che comunque lascia intendere il crollo. Nel 1996-97 i rossoneri sarebbero finiti undicesimi in classifica, sebbene vada ricordato che quel Milan veniva da quasi dieci anni di trionfi prestigiosi tra Italia, Europa e mondo.
Il Napoli, invece, non può neanche vantarsi di tutto ciò, dato che il suo unico exploit di un certo tipo è arrivato nell'annata scorsa, quando tutti i pianeti sembravano essersi allineati a suo favore. Oggi, invece, complici soprattutto le decisioni fuori luogo di un bisbetico De Laurentiis, anche la più innocua brezza acceca gli occhi di Walter Mazzarri, un traghettatore arrivato in piena tempesta e che adesso sembra essersi addirittura arenato per la bonaccia.