Gasperini si racconta: il rifiuto di andare all'estero, lo Scudetto, i suoi giocatori e Motta
Finita o quasi la stagione (l'Atalanta deve giocare l'ultima di campionato contro la Fiorentina), Gian Piero Gasperini ha parlato ai microfoni della Gazzetta dello Sport dopo questa esaltante stagione.
Futuro alla Dea
"All'estero non ci andrò più - ha dichiarato il tecnico piemontese -. Quest'anno avevo un'opportunità in Inghilterra, anche molto bella; era una situazione nata recentemente, vincendo l'Europa League ci sono state tante possibilità, ma l’Italia mi piace troppo".
Gasp chiude la porta anche ad una ipotetica Nazionale: "Non credo di avere le caratteristiche giuste".
Il tecnico dei nerazzurri non ha ancora rinnovato il contratto: "Per me è più importante capire se siamo a un punto di partenza o di arrivo. Se nei prossimi campionati vogliamo fare qualcosa di più e se per l'Atalanta io sono ancora un riferimento, ok, va bene. Se c'è un progetto per i prossimi due-tre anni, mi interessa. Una situazione tampone, precaria, non mi serve, vado a scadenza e buonanotte. Ma la questione 2026 o 2027 la risolveremo. Con me la famiglia Percassi è sempre stata di una generosità assoluta. L'urgenza, adesso, è fare la squadra più forte".
Alzare l'asticella
Vinta l'Europa League, il sogno è quello di vincere qualcosa di prestigioso anche in Italia: "Ci mancano 25 punti in classifica, un abisso. Lo Scudetto si vince sopra i 90 punti, due volte ne abbiamo fatti 78, quest'anno se va bene chiudiamo a 72. Finora il nostro target è stato quello. Aggiungere 15 punti non è poco, anche con qualche sconfitta in meno. Oggi per fare il salto di qualità e vincere, devi perdere a livello economico. L'Atalanta non può permetterselo. Noi i giocatori li vendiamo e se vendo un Koopmeiners, non è facile trovarne un altro. Vendendo non ti rinforzi, al massimo riparti. Le squadre che vincono gli scudetti aggiungono, non tolgono, a gruppi già forti".
Il mercato
"Sto pensando a come migliorare la squadra. Noi siamo stati bravissimi, i più bravi, ma non i più forti. Quanto a forza, possiamo migliorare. Compatibilmente con le disponibilità del mercato e le offerte che arriveranno. Come per Hojlund. L'attacco è il reparto principale. Se giochi 55 partite, servono alternative, come si è visto contro la Juve senza Scamacca. Touré non è un centravanti. Se la difesa non regge perdi, ma l'attacco mi fa vincere le partite: se vinco 22 partite e ne perdo 10, mi va bene. Come vice Scamacca vorrei un giovane da far crescere, sarebbe l'ideale, ma oggi i giovani costano un botto".
I singoli
Poi Gasperini si è soffermato sui suoi giocatori.
De Ketelaere "più lo metti lontano dalla porta e più va in difficoltà. Qualche volta ci discuto ancora perché ama arretrare per legare il gioco, ma lui deve fare l’attaccante. Che significa: fare gol o farli fare. Infatti li fa. Per fortuna ha ancora una bella evoluzione davanti".
Scamacca "è un bomber, che fa un sacco di gol. E Spalletti saprà dargli ulteriori conoscenze. Si è sempre impegnato alla morte, la fama di bad boy è assurda. Un momento chiave è stato quando si è liberato della pressione pazzesca che aveva addosso, ogni partita sembrava dovesse dimostrare di essere un grande giocatore. Non sorrideva mai, era scuro a ogni errore. Il clic quando non è andato in Nazionale, in quei dieci giorni siamo riusciti a trovare la chiave: non era questione di gol, ma di prestazione e dinamismo".
Lookman "oggi è un top, ma non lo era. Era forte, ma viveva di spunti e spariva dalle partite. Anche dagli allenamenti. Ci ho lavorato con la pazienza dell’artigiano. Quello che ha fatto nelle ultime settimane dà il senso della maturazione: si fa dare la palla, partecipa al gioco, lega con i compagni".
Infine Ederson: "Pensavo fosse un trequartista e infatti ha iniziato la scorsa stagione in quel ruolo, come alla Salernitana. Poi mi sono accorto della sua efficacia mostruosa nei recuperi: è un dobermann. Se scappi, ti viene a prendere".
L'aneddoto su Motta
"Thiago è stata una storia incredibile. Arrivava da due anni di infortuni, era con noi da 40 giorni e trovava sempre scuse. Rimandava il suo rientro sempre alla settimana successiva...".
"Ad un certo punto gli dissi di curarsi con il suo personal trainer e di tornare quando sarebbe guarito. Da lì poi lo portai in panchina contro il Siena, almeno avrebbe visto la partita dalla panchina piuttosto che dalla tribuna. Ad un certo punto si fa male Milanetto... Io sono stato 3 minuti a guardarlo, lui continuava a dire di non poter giocare. Mi giro e gli dico 'Ma sei ancora qui?'. Quindi entrò in campo senza riscaldamento e fece una partita in cui non sbagliò un passaggio, vincemmo 3-0 e la gente rimase stupita..."