Da Abramovich ai Friedkin, tutti gli esoneri di Mou, uno Special One sbiadito
È venuto su dal basso, dalla terra dei campi di gioco dell'Estrela Amadora della sua Setubal natale, José Mourinho. E oggi che a 60 anni è arrivata la notizia del suo esonero da parte della dirigenza nordamericana della Roma, il lusitano si trova di fronte forse al turning point più amaro della sua carriera. Ma in grado di far davvero svoltare la squadra giallorossa dal punto di vista del gioco e delle aspettative, è stato messo alla porta in seguito alla sconfitta in casa del Milan di domenica scorsa, dove i suoi uomini erano apparsi troppo arrendevoli e inermi mentre lui supervisionava dalla tribuna, causa squalifica.
Una Conference League e una finale di Europa League sono state il suo bottino in due anni e mezzo nei quali si è fatto amare per il suo carattere istrionico e per la capacità di fare da catalizzatore delle emotività di una piazza bizzosa come quella giallorossa, ma poco più. Le idee, ormai poche, non sono bastate per conferire alla compagine capitolina quel quid in più che uno Special One ormai sbiadito era stato chiamato a portare. Senza Dybala in campo, infatti, i giallorossi sembrano sempre spaesati al momento di dover creare calcio. Immancabile, dunque, il licenziamento da parte dei Friedkin, che si sono sommati ad altre proprietà che hanno avuto il coraggio di sollevare dall'incarico uno degli allenatori più carismatici del mondo.
Tutti gli esoneri di Mou
In principio fu Roman Abramovich, allora presidente del primo grande Chelsea di sempre, che aveva visto nel Mou vincente con il Porto il demiurgo per plasmare una leggenda a Stamford Bridge. Mai capace di andare oltre le semifinali di Champions League, il lusitano non era riuscito a replicare con i Blues l'exploit effettuato con i Dragoes, e nel settembre del 2007 gli fu fatale il pareggio interno contro il Rosenborg, in seguito al quale il patron del Chelsea decise di sollevarlo dall'incarico.
La sua avventura all'Inter, dove fece la storia vincendo il glorioso triplete, finì per suo volere. Il portoghese era consapevole del fatto di non poter far meglio con i nerazzurri e, soprattutto, non poteva nuovamente dire di 'No' a Florentino Perez, che lo volle per il suo Real Madrid per creare un fronte compatto e mediatico contro il potentissimo e splendido Barcellona di Pep Guardiola, con il quale diede vita a una splendida rivalità. Partito da Madrid nella primavera del 2013, Mou avrebbe poi fatto nuovamente ritorno al Chelsea, dove visse altri due anni importanti per poi ripartire di comune accordo con Abramovich.
Dal 2016 in poi, la caduta. La sua tappa al Manchester United, vittoria dell'Europa League a parte, fu infatti l'inizio della sua traiettoria calante, la cui velocità fu aumentata dall'esonero nel dicembre del 2018 da parte dei dirigenti dei Red Devils, che non gli perdonarono la pessima partenza in campionato, la peggiore dello United dal 1990-91. Il periodo al Tottenham, non certo una nobile del calcio europeo, era sintomatico della sua mancanza di ambizione. Con gli Spurs il lusitano durò meno di due anni, venendo licenziato nell'aprile del 2021 dopo ben 10 sconfitte in campionato, record negativo per lui fino a quel momento.
La sberla giallorossa
L'ultimo colpo all'ego di Mou è arrivato stamani, con il comunicato della dirigenza della Roma a esautorarlo definitivamente. Dopo la pesantissima sconfitta nel derby e il tonfo di Milano i Friedkin hanno pensato che quanto visto - effettivamente molto poco - fosse abbastanza. Con la squadra al nono posto in classifica e fuori dalla Coppa Italia, l'effetto magnetico del portoghese era ormai evidentemente blando, e la sua forza mediatica fine a sé stessa.
La sberla finale è forse quella che fa più male a un personaggio che a modo suo ha rivoluzionato il calcio, diventando senza dubbio un allenatore carismatico e molto quotato, ma che da ormai troppo tempo non riusciva più davvero a offrire sviluppi positivi alle sue squadre. Senza più ambizioni di grandezza in Europa da quasi dieci anni, Mou ha provato a riciclarsi come ha potuto, ma senza successo, e ha persino rifiutato l'Arabia per continuare a stare nel calcio che conta. Adesso, per lui potrebbe aprirsi un altro mondo.