Opinione: è il fallimento di Spalletti, dei preparatori e del blocco Inter, le scuse non tengono
Luciano Spalletti l'aveva sparata forse un po' troppo grossa prima dell'Europeo, paragonando il valore del blocco Inter (Bastoni, Dimarco, Barella, Darmian, Frattesi) a quello bianconero dell'Italia campione del mondo nel 1982 (Zoff, Gentile, Scirea, Cabrini, Rossi, Tardelli): "Il blocco Inter ha una mentalità sua, un modo di stare in campo loro, sono forti come erano quelli del 1982". Una boutade, considerando il valore dei singoli paragonato ad alcuni dei migliori giocatori della storia azzurra, ma si sperava che perlomeno lo zoccolo duro dei campioni d'Italia portasse compattezza e personalità a una nazionale povera di talento.
Se l'inizio aveva visto più luci che ombre, dato che dopo l'errore di Dimarco sul gol albanese erano arrivati i gol di Bastoni e Barella a ribaltarla, nelle partite successive è stata notte fonda. Portati a spasso dalla Spagna un po' come tutta la nazionale, opachi contro la Croazia, inesistenti contro la Svizzera. Se ci si aspettava personalità, quella è mancata del tutto. Partiamo da loro perché secondo Spalletti il blocco nerazzurro doveva essere l'ingrediente di successo della Nazionale. E non è stato così. A parziale scusante, una forma fisica deficitaria e qualche acciacco di troppo per Dimarco e Barella.
Fisicamente a pezzi
E qui arriviamo agli altri colpevoli, i preparatori. Gli azzurri erano fisicamente impresentabili. Dopo essere stati messi sotto dalla Svizzera, Spalletti ha ammesso che più di così in queste condizioni non era possibile fare. Si parla di stanchezza, visto che si gioca ogni tre giorni - come ha anche sottolineato Bernardeschi nella nostra rubrica - ma non si capisce perché debba valere per i nostri e non magari per uno come Aebischer, che ieri ci ha fatto neri, reduce dalla stessa stagione in Serie A, nelle file del Bologna.
Così come non si capisce perché non valga per la Spagna, piena zeppa di campioni che giocano Liga, Champions e Coppa del Re. Spalletti ha sicuramente ragione quando parla di forma fisica ma questa non può servire a giustificare totalmente le sue colpe.
Tante idee ma confuse
E il ct azzurro di colpe ne ha tante, visto che è sembrato sempre in confusione, indeciso su moduli e uomini da utilizzare, e testardo quando si trattava di mettere in discussione qualche fedelissimo palesemente fuori condizione.
Tre moduli diversi in quattro partite la dicono lunga: dal 4-2-3-1 al 3-5-2 al 4-3-3 il ct ha dimostrato di non avere molto le idee chiare, per usare un eufemismo. Così come le scelte tecniche hanno dimostrato che non aveva nemmeno in testa la colonna vertebrale della squadra. Puntare su Jorginho, che lui ha sempre giudicato imprescindibile, per poi mandare allo sbaraglio negli ottavi di finale Fagioli è stato abbastanza emblematico.
Soprattutto considerando che invece ha continuato a confermare titolare della fascia destra il suo fedelissimo Di Lorenzo, sempre in difficoltà nei match precedenti e anello debole anche contro la Svizzera, con gli elvetici che hanno concentrato gli attacchi sulla sinistra dell'attacco.
La delusione più grande
La delusione più grande è stata però vedere una squadra azzurra senza nerbo, senza carattere, senza nemmeno la forza della disperazione che ti fa andare oltre l'ostacolo, che ti fa reagire. Una squadra senza orgoglio. Eravamo i campioni d'Europa in carica, ma abbiamo fatto in modo che nessuno se ne accorgesse. Forse l'avevano dimenticato anche gli stessi giocatori.