Euro 2024, tutti all'attacco: l'analisi del gioco offensivo durante la fase a gironi
Se il calcio è lo sport più amato al mondo è anche perché, a differenza della boxe, non si può perdere per manifesta inferiorità. E non esiste nemmeno una regola secondo la quale si possa essere puniti per passività nel gioco come, invece, succede nella pallamano. Tutti hanno la possibilità di competere rimanendo fedeli al proprio credo che, spesso e volentieri, affonda le proprie radici nella storia e nello stato d'animo di un intero Paese, come dimostra, per esempio, la predilezione per il catenaccio del calcio italiano nel dopoguerra.
Avvilita dal secondo conflitto mondiale e, tornando al calcio, dalla tragedia del Grande Torino, la Nazionale azzurra rispose sui terreni di gioco con un atteggiamento barricadero che non è stato ancora completamente cancellato. E, del resto, non doveva essere semplice scommettere sull'allegria mentre buona parte della tua popolazione aveva seri problemi a procurarsi un pasto caldo (e, molte volte, anche freddo).
Allo stesso modo, senza l'irruzione olandese in Catalogna, molto difficilmente il Barcellona sarebbe riuscito a creare una delle scuole calcistiche più ammirate del pianeta, della quale si è giovata anche la Roja campione di tutto tra il 2008 e il 2012. Anche in quel caso, le motivazioni storiche e sociali ebbero il proprio peso: l'obiettivo era quello di sviluppare un modello alternativo a quello vincente del Real Madrid. E così, vincere non bastava più, bisognava farlo giocando bene.
Non solo catenaccio o tiqui taca
Fortunatamente, però, tra il catenaccio e il tiqui taca c'è un ampio ventaglio di possibilità tecnico-tattiche a disposizione degli allenatori di tutto il mondo che, come dicevamo, sono tutte legittime. Perché se è vero che nessuno si sognerebbe di discutere l'intransigenza di Pep Guardiola, è altrettanto vero che non si può fare a meno di ritenere valido anche il punto di vista di Carlo Ancelotti quando assicura che "è l'allenatore a doversi adeguare alla rosa a sua disposizione e non viceversa".
E la verità è che a livello di nazionali, con pochissime eccezioni di controtendenza culturale, i commissari tecnici tendono a sposare la dottrina ancelottiana, cercando allo stesso tempo di non tradire la filosofia di gioco e di vita del proprio Paese, sebbene nel 2010, se non fosse stato per lo tinco di Iker Casillas, a conquistare il titolo di campione del mondo sarebbe stata l'Olanda più sparagnina della storia. Ma siamo sicuri che i tifosi della nazionale Oranje sarebbero stati entusiasti di celebrare il titolo nonostante la squadra di Bert van Marwijk avesse provocato un'ulcera a Johan Cruyff.
L'analisi Flashscore
E arriviamo così all'Europeo di Germania che, ieri sera, ha calato il sipario sulla propria fase a gironi dopo 36 partite, durante le quali, le squadre in lizza hanno provato a far valere il proprio calcio su quello dell'avversario di turno, sebbene l'oramai solita formula generosa abbia finito per tagliare fuori dai giochi soltanto otto delle 24 nazionali partecipanti.
Con buona pace dell'Ucraina, con quattro punti era praticamente impossibile essere eliminati sebbene la Slovenia - penultima per tiri (26), quartultima per azioni d'attacco (86) e ultima per possesso palla (36,7%) - sia riuscita a farsene bastare addirittura 3, buttando fuori per una mera questione di differenza reti l'Ungheria di Marco Rossi. Ed è proprio da qui che arriva il primo spunto di riflessione della nostra analisi sull'atteggiamento tattico delle nazionali impegnate all'Europeo, perché a pagare un atteggiamento troppo poco accorto sono state nazionali come la stessa Ungheria e soprattutto l'Ucraina che non sono riuscite a limitare i danni quando hanno perso i loro incontri.
E così, la squadra di Rebrov è stata eliminata nonostante - o, forse, proprio per quello - faccia parte della metà più propositiva dell'Europeo con 42 tiri in porta (ottava in assoluto), un 87,3% di accuratezza nei passaggi (undicesima) e 130 attacchi totali (dodicesima).
A punire Dovbyk e compagni sono stati gli appena due gol segnati, gli stessi che però sono bastati alla Slovenia per superare il turno nonostante gli appena 25 tiri totali (penultima), il 36,7% di possesso palla (ultima) e le sole 86 azioni offensive (21esima).
Inghilterra e Francia a secco
Due reti all'attivo che sono bastate anche all'Inghilterra per conquistare il primo posto del girone e alla Francia il secondo. Nonostante un'accuratezza nei passaggi pari al 90% (seconda), un possesso palla media del 59,7% (terza), la nazionale di Southgate è riuscita, però, a generare soltanto 132 attacchi (ottava) e appena 28 tiri totali (ventesima).
Ancora peggio ha fatto la Francia, le cui due reti sono arrivate grazie a un autogol e a un calcio di rigore, nonostante sia tra le squadre che hanno creato più azioni offensive (164, quarta in assoluto) con 49 tiri totali (quarta), l'89,6% di accuratezza nei passaggi (quinta) e il 54,3% di possesso palla (sesta).
A livello di produzione offensiva, la fase a gironi ci lascia numeri importanti per Germania e Portogallo. La nazionale di Nagelsmann è, infatti, prima in quanto a gol segnati (8), tiri totali (57), accuratezza nei passaggi (93%) e possesso palla (64,3%) e seconda per azioni offensive (207).
Davanti ai tedeschi in quest'ultimo aspetto c'è proprio il Portogallo di Roberto Martinez che a sua volta è secondo per tiri totali (54), accuratezza nei passaggi (90%) e primo a parimerito per possesso palla (64,3%). Disputare l'ultimo incontro, a qualificazione e primo posto acquisiti, con una formazione piena di riserve l'ha, però, "relegato" sul terzo gradino del podio dei gol fatti.
L'anomalia spagnola
La nazionale che, probabilmente, ha maggiormente impressionato è la Spagna. E come lo ha fatto? Beh, rinunciado a un bel po' di possesso palla. Ebbene sì, anche la Roja ha deciso di adottare la linea Ancelotti, adeguando il proprio libretto agli uomini a disposizione. E così, la squadra di De la Fuente è solo settima sia per possesso palla (54%) che per azioni d'attacco (148) sebbene sia riuscita a mantenere un 90% di accuratezza nei passaggi (seconda), a tirare 48 volte (quinta) e a segnare cinque gol (terza).
Questo nuovo atteggiamento tattico ha permesso alla Spagna di essere l'unica squadra a chiudere con tre vittorie su tre la fase a gironi dell'Europeo, nonostante nell'ultimo incontro abbia schierato soltanto uno dei suoi titolari indiscutibili (Laporte). Insomma, il segreto di De la Fuente è quello di essere riuscito a mettere assieme una rosa di primissimo livello - scommettendo forte sulla verticalità di Nico Williams e Lamine Yamal - per la quale ha cucito un abito su misura con buona pace degli integralisti.
Menzione speciale
Una menzione speciale la meritano la Turchia, la Croazia e la Romania. Cominciamo da Modric e compagni ai quali non è bastato, per una mera questione di secondi (dodici per la precisione, quelli che hanno separato il gol di Zaccagni dal triplice fischio arbitrale), essere una delle squadre che ha maggiormente generato nell'ultimo terzo di campo (152 attacchi, sesta in assoluto) per passare il turno. Appena due punti e tre gol per una nazionale che ha tirato 42 volte (ottava), ha avuto un accuratezza nei passaggi dell'89,3% (sesta), ha mantenuto il possesso palla per il 55,3% (quinta).
La nazionale di Vincenzo Montella, invece, la qualificazione agli ottavi l'ha ottenuta battendo la Repubblica Ceca nell'ultima giornata nonostante potesse accontentarsi di un pari. Ebbene, i cinque gol di Calhanoglu e compagni sono secondi solo ai 6 dell'Austria gegenpressing di Rangnick e agli 8 già citati della Germania. I turchi, inoltre, hanno generato ben 161 azioni offensive (quinti), accumulando 50 tiri totali (terzi), mantenendo una buona accuratezza nei passaggi (88,3%, ottavi) e senza curarsi più di tanto di mantenere un possesso palla sterile (52,7%, decimi). Così facendo, i Montella boys hanno racimolato sei punti, gli stessi di Portogallo e Austria, uno in meno di quelli conquistati dai padroni di casa e tre in meno della Spagna.
Per quanto riguarda, infine, la Romania, i ragazzi di Iordanescu si sono allineati alla regola del minimo sforzo (offensivo) della Slovenia per raccogliere grandi, grandissimi frutti. E già, perché Dragusin e compagni hanno segnato il doppio dei gol di Inghilterra, Belgio e Francia nonostante abbiano effettuato solamente 32 tiri (19esimi), siano ultimi nella classifica dell'accuratezza dei passaggi (77%), diciottesimi nella produzione offensiva (103 attacchi) e appena sopra il 40% di possesso palla medio (41,3%).
Conclusioni
Ecco, i dati di queste ultime tre nazionali prese in considerazione, sommati a quelli della Slovenia e al fatto che il capocannoniere del torneo sinora sia il georgiano Georges Mikautadze (tre gol in altrettante gare), ci permettono di arrivare alla conclusione che - al netto delle nazionali più importanti del pianeta che, in un modo o in un altro (prova ne sia che squadre come Belgio e Italia non hanno dato spunti d'analisi significativi), sono riuscite comunque a passare il turno - non esiste una formula in grado di creare una connessione diretta tra sforzi offensivi e risultati e l'Europeo di Germania lo sta confermando.
Lo sa bene la Croazia tutta qualità che si è vista sfilare il pass dalla formichina Slovenia che si è votata al più classico "prima non prenderle". Allo stesso modo, i casi di Turchia e Romania ci confermano che non esiste una sola strada verso la gloria e che tutte le strategie, belle o brutte che siano, hanno la stessa dignità e generano lo stesso tipo di emozioni nei propri tifosi. Infine, l'exploit della Georgia dimostra che, pur essendo uno sport di squadra, il calcio può ridursi al momento di forma eccezionale di un suo singolo interprete e alla semplicità della sempre attuale massima che "in fin dei conti basta buttarla dentro".