Mentre la guerra infuria a Gaza, il Maccabi Haifa è diventato un simbolo di coesistenza pacifica
In Israele non mancano conflitti, armati e non, controversie, divisioni e disaccordi. Né all'interno né all'esterno.
Dall'attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023 e dalla successiva offensiva di Israele nella Striscia di Gaza, che ha provocato migliaia di vittime, ci sono stati diversi appelli volti a escludere le squadre nazionali e di club israeliane dal calcio internazionale.
Proprio la settimana scorsa, un gran numero di parlamentari irlandesi ha firmato una petizione che chiede alla FIFA e alla UEFA di escludere le squadre israeliane. Inutilmente.
Stasera, una dei club israeliani più importanti scenderà in campo all'Artemio Franchi di Firenze: si tratta del Maccabi Haifa che sfiderà la Fiorentina nella gara di ritorno degli ottavi di finale di Conference League.
In mezzo al caos, alla guerra e alle polemiche, i campioni israeliani in carica sono diventati un simbolo di coesistenza pacifica, sia in campo che sugli spalti. Infatti, mentre il Beitar Jerusalem si è guadagnato la cattiva fama di club i cui tifosi non vogliono giocatori musulmani o arabi in squadra, il Maccabi Haifa è esattamente il contrario.
In questa stagione, tutte e quattro le principali religioni israeliane sono rappresentate in squadra: ebrei, cristiani, musulmani e drusi, con giocatori provenienti da 11 nazioni diverse, Angola, Francia, Haiti, Germania, Israele, Croazia, Niger, Russia, Senegal, Svezia, Germania e Stati Uniti, tutti rappresentati in prima squadra.
Non ci sono quindi discriminazioni e, secondo il giornalista di Haaretz, Ben Kroll, il club appartiene alla parte più multietnica del Paese.
"Il Maccabi Haifa è legato alla comunità araba del Paese. Ad ogni partita casalinga, lo stadio Sammy Ofer di Haifa è gremito da più di 30.000 tifosi, ebrei, cristiani, musulmani, drusi e circassi", scrive Kroll su Haaretz, secondo il Jerusalem Post.
"Molte delle più grandi stelle arabe del Paese hanno giocato nel Maccabi, tra cui Taleb Tawatha, Beram Kayal e Walid Badir. Oggi, due delle più grandi stelle della squadra sono arabi israeliani, Dia Saba e Mahmoud Jaber, mentre il giocatore arabo delle giovanili Anan Khalaily è una delle stelle nascenti del calcio israeliano", continua il giornalista.
Sfortunatamente, però, nessuno dei due saranno in campo oggi: Dia Saba è stato ceduto in prestito all'Emirates Club durante la sessione di calciomercato invernale, mentre Mahmoud Jaber è fuori per un infortunio muscolare da metà gennaio.
Jaber è, infatti, ancora membro della più forte squadra israeliana, nonostante abbia radici palestinesi: il fratello maggiore Abdallah Jaber è stato addirittura capitano della nazionale palestinese per molti anni, fino a quando la Federcalcio palestinese ha vietato a Jaber di giocare nel massimo campionato israeliano.
Quanto durerà la guerra a Gaza è ancora da vedere, ma nel frattempo il Maccabi Haifa può svolgere un ruolo importante per le minoranze etniche e religiose in Israele, che comprendono circa due milioni di arabo-israeliani, di cui circa 150.000 sono drusi.
"Per le comunità druse e arabe, il Maccabi Haifa è la squadra. Lo sport in generale, e il calcio in particolare, rappresentano le più importanti opportunità di mobilità sociale sia in Israele che nel resto del mondo - e questo include la mobilità sociale per i cittadini arabi (in Israele, ndr)", asicura Kroll.
Stasera la squadra multietnica e religiosa verde-blu sarà di scena in Italia e il 4-3 con cui si è chiusa la gara d'andata a favore dei viola, ci si aspetta che anche il ritorno sia altrettanto spettacolare.
C'è ancora tanto in gioco per il club di Haifa e, oggi, molti nel nord di Israele festeggeranno, indipendentemente dall'origine etnica o dall'appartenenza religiosa, se la squadra di Messay Dego, che ha vinto tre campionati israeliani di fila, dovesse riuscire a superare il turno.