La doppia riscossa di Lukaku, il cui gol risolleva l'Inter e dà un calcio al razzismo
Non sarà certo lo stesso giocatore che due stagioni fa spaccò la Serie A in lungo e in largo. Eppure, Romelu Lukaku ha dimostrato ieri sera di non essere un calciatore qualsiasi, soprattutto per quanto riguarda l'indole. Reduce da un periodo di forma altalenante con l'Inter (non con il Belgio dove continua a segnare a grappoli), il centravanti classe 1993 si è preso la responsabilità di calciare e segnare con freddezza il rigore che ha dato ai nerazzurri il pari nella prima semifinale di Coppa Italia contro la Juventus.
Il tutto sotto la curva di supporter bianconeri che lo hanno insultato nel solito becero modo facendo riferimento al colore della sua pelle. La tensione era enorme, sia per il risultato in bilico sia per l'odio nei confronti del belga, che motivato dalla rabbia ha spiazzato Perin e trovato il centro dell'1-1 che offre adesso un importante vantaggio, soprattutto mentale, ai nerazzurri. Rimontare in extremis, a 22 minuti dall'ingresso in campo, era la scintilla che accendeva il fuoco nelle viscere di Big Rom, che rispondeva agli insulti di stampo razziale con un'esultanza zen, la stessa che aveva messo in mostra dopo un gol alla Svezia con la nazionale belga.
Un gesto che scatenava le ire dei giocatori juventini, capaci di interpretarlo come una provocazione diretta verso l'ambiente. Un gesto che l'arbitro Massa interpreta come una provocazione bella e buona, meritevole di ammonizione e che portava quindi all'espulsione del centravanti, che aveva già preso un giallo poco prima. La rissa finale era il triste epilogo di un incontro fino a quel momento scivolato nel più sereno dei canovacci, ma esploso come un vulcano per un evidente malinteso. O forse no?
Juan Cuadrado che affronta prima Lukaku e poi Samir Handanovic ha mostrato i segni più tangibili di un nervosismo eccessivo tipico di chi si sente beffato sia dall'esito dell'incontro sia dalla manifestazione di gioia dell'avversario. Un avversario attaccato con ingiurie di stampo razziale alle quali lo stesso colombiano è stato esposto in passato.
Il parapiglia finale, indegno, era figlio di una situazione che non affonda le radici nella storica rivalità del derby d'Italia bensì in un humus marcio per il livore di un calcio ostaggio di pochi ignoranti capaci solo di sputare odio gratuito verso i rivali. Le espulsioni, per quanto significative, comminate a Handanovic e a Cuadrado, sono solamente uno specchietto per le allodole. Il problema è molto più significativo di quanto sembri. Il commento su Twitter del Ministro dello Sport Andrea Abodi al fischio finale è una voce determinante. Vedremo se sarà ascoltata.