Scudetto Inter, il deus ex machina della 2ª stella: Marotta, il magico mazziere
Sorriso sornione, modi garbati, una persona all'apparenza pacata - almeno quando non lo si vede esultare come un forsennato in tribuna - che però sul mercato si trasforma in una belva pronta ad agguantare la preda col minimo dispendio di energie. Questo è Beppe Marotta, amministratore delegato dell'Inter, deus ex machina e grande artefice della seconda stella nerazzurra.
Il Cavaliere (insignito anche di tale titolo nel 2023) è stato ancora una volta decisivo con le sue scelte. Scelte che dapprima, come solitamente accade, hanno suscitato qualche perplessità iniziale ma poi (come solitamente accade) si sono invece dimostrate vincenti.
L'esempio più evidente è Lukaku, grande protagonista dell'ultima Inter. Dopo le trattative fallite col Chelsea per confermarlo in nerazzurro, era forse lecito - almeno per i tifosi della benamata - aspettarsi come rimpiazzo un attaccante di un certo nome, magari pagato anche il giusto. E invece lui, costretto come al solito a fare "le nozze con i fichi secchi", tira fuori dal cilindro un parametro zero, Marcus Thuram: sulla carta una scommessa, sul campo uomo decisivo e autore del gol scudetto. Una scelta ben precisa, pianificata con Inzaghi, per liberare Lautaro dal ruolo di spalla e proiettarlo al centro dell'attacco.
E che dire di André Onana, preso a parametro zero e rivenduto a 52,5 milioni di euro al Manchester United, rimpiazzato con il veterano Yann Sommer, pagato 6 milioni al Bayern Monaco? Anche lui sarà uno dei grandi protagonisti della stagione. Una vera saracinesca per gli innumerevoli clean-sheet dell'Inter, mentre Onana in Inghilterra andrà incontro a critiche e momenti difficili.
Il colpo da maestro è però forse un altro, soffiato proprio ai cugini rossoneri: il parametro zero Hakan Calhanoglu, cervello di questa Inter che sotto Inzaghi è cresciuto a tal punto da diventare uno dei migliori registi al mondo. E senza dimenticare un altro parametro zero, Henrikh Mkhitaryan: un arzillo 35enne che nel centrocampo dell'Inter sguazza che è un piacere diventando una spina nel fianco dell'avversario, mentre nella Roma sembrava a un passo dall'appendere le scarpette al chiodo.
L'abilità nel mescolare le carte
Per capire la grandezza di Marotta, la sua capacità di rimescolare il mazzo tirando sempre fuori assi, basta fare un raffronto con gli acquisti decisivi dell'ultima inter scudettata: Lukaku, Bastoni, Godin, Sensi, Barella, Sanchez, Eriksen, Young e Hakimi. Di questi, a distanza di tre anni, sono rimasti soltanto Bastoni e Barella, oltre a Sanchez che però è un sostituto.
Anche dell'ultima Inter finalista di Champions se ne sono andati i principali artefici della stagione: Onana, Brozovic, Dzeko, Lukaku, e Skriniar, che prima di accordarsi col Psg era un baluardo della difesa. Per una sorta di proprietà commutativa nell'aritmetica marottiana, disciplina di cui l'ad dell'Inter è professore all'Università del calcio, si cambiano i fattori ma il risultato non cambia: si continua a vincere.
La capacità di far quadrare i conti e far sorridere il bilancio
L'operazione più onerosa per le casse nerazzurre tra cartellino e ingaggio è stata quella relativa a Benjamin Pavard, pagato 30 milioni al Bayern Monaco , seguita da quelle di Frattesi, Arnautovic, Thuram e Sommer, oltre al riscatto di Acerbi. Il tutto per un impatto a bilancio, secondo le stime di Calcio e Finanza, di circa 78,9 milioni.
Acquisti ripagati abbondantemente dalle cessioni di Onana al Manchester United e Brozovic all'Al-Nassr per un totale di 70 milioni, Gosens per 15 milioni, e altre operazioni minori. Se a questi si aggiunge la conclusione dei contratti di Dzeko, Gagliardini, Dalbert, D'Ambrosio Skriniar, Cordaz e Handanovic, oltre alla conclusione dei prestiti di Lukaku e Bellanova, sommando tutto si ha un impatto di circa 183,5 milioni sul bilancio 2023/24.
Un saldo tra entrate e uscite che porta a un positivo di 14 milioni di euro e a un impatto positivo sul bilancio di 104,6 milioni , che si traduce in una riduzione di circa il 16% del costo della rosa tra ammortamenti e stipendi lordi rispetto alla stagione 2022/23.
L'esperienza e l'intuito per capire dove e quando agire
Non è soltanto però la grande capacità di far quadrare i conti. La chiave del sucesso di Marotta è la sua abilità nel trovare gli interpreti giusti e capire come possono integrarsi tra loro. Anni di esperienza e un certo intuito che gli consentono di valutare un profilo dal punto di vista tecnico ma anche caratteriale, che è diverso dal fare acquisti alla rinfusa guardando ai parametri estratti dal computer come in una sorta di football manager, ossia il modello "Moneyball" del Milan.
Il grosso del budget non l'ha riservato al sostituto di Lukaku, come sarebbe stato lecito attendersi in una campagna acquisti standard ma, appunto, a Benjamin Pavard, che da braccetto nella squadra nerazzurra ha fatto la differenza: suo il movimento offensivo che ha disorientato la Juventus nel derby d'Italia e ha causato l'autogol di Gatti, mandando in fuga l'Inter.
La sua bravura è la capacità di plasmare la squadra aggiungendo i tasselli giusti al puzzle, ancora prima che ci metta mano l'allenatore, percependo le esigenze dello stesso tecnico e le sue difficoltà. Capire quando e dove è il momento di agire. Ecco così che, contro il parere dei tanti che lo volevano fuori, nel periodo più buio di Inzaghi, lui decide di confermarlo. E ancora una volta si è dimostrata la scelta giusta.
Così l'amministratore delegato dell'Inter spiegherà la sua decisione: "Inzaghi incarna il profilo perfetto del nostro allenatore ideale: combina capacità personali e manageriali. Lui ha avuto il merito di non essere solo bravo ma, soprattutto, vincente. Il rinnovo del contratto è una cosa fisiologica. I motivi sono due: è un vincente, ha dimostrato con i fatti quello che vale, la seconda è che è il profilo migliore che cerchiamo per il nostro presente e il nostro futuro".
Una continuità che si è rivelata vincente perché basata su una coerenza di fondo. Quella che è mancata al Napoli campione uscente quest'anno, orfano di Giuntoli oltre che di Spalletti. E con l'ex ds diventato il nuovo football director della Juventus impossibilitato a muoversi come avrebbe voluto per via dei sacrifici imposti dalla penalizzazione, ovvero, in soldoni, la mancanza degli introiti della Champions. Il Milan, invece, aveva deciso di rivoluzionare la dirigenza, dando il benservito agli architetti dell'ultimo scudetto, Maldini e Massara.
Tutte difficoltà che hanno di fatto estromesso la concorrenza alle prese con cambi di allenatore per riprendere il passo (Napoli), esperimenti con materiale inedito difficile da plasmare (Milan) o lancio di giovani in prima squadra per sopperire alla mancanza di alternative (Juve), spianando così la strada dello scudetto all'Inter.
Marotta, sornione, ringrazia, e affila le unghie per piazzare la prossima zampata.