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L'importanza di chiamarsi Davide: la rivincita di Ancelotti jr, l'arma segreta di Carletto

Raffaele R. Riverso
La famiglia Ancelotti al City of Manchester
La famiglia Ancelotti al City of ManchesterDPPI via AFP
E già da un bel po' che Davide si è scrollato di dosso l'etichetta di "figlio di papà". Prova ne siano le tante offerte ricevute che gli permetterebbero di cominciare la sua carriera di primo allenatore. Il Real Madrid, però, non vuole perderlo cosciente di quando sia importante il suo contributo nei successi ottenuti da Carletto

Il giorno in cui Pep Guardiola annunciò il proprio addio al Barcellona, Sandro Rosell pensò che fosse una buona idea spostare i riflettori su chi, nei precedenti quattro anni, era stato all'ombra dell'attuale tecnico dell'attuale tecnico del Manchester City: Tito Vilanova.

L'allora presidente del Barça era cosciente che tutti gli avrebbero dato la colpa - come, in effetti, poi avvenne - di non essere riuscito a trattenere l'allenatore più importante della storia del club catalano insieme a Johan Cruijff.

E fu proprio per questa ragione che decise di estrarre un coniglio dal cilindro, spiazzando tutti, anche lo stesso Guardiola che non avrebbe mai immaginato che Rosell potesse arrivare a tanto. E invece...

Il migliore vice del mondo

Prima di accettare di diventare il secondo di Pep (trasformandosi, ben presto, nel viceallenatore più famoso del pianeta), Tito era uno degli allenatori più apprezzati della cantera blaugrana per l'ottimo lavoro svolto e la sua grande relazione con un certo Lionel Messi, un ragazzino arrivato da Rosario con la fama di essere nuovo Maradona. 

Il resto è storia: brillante quella della Pulga e, sfortunatamente, drammatica quella di Vilanova, morto di cancro dopo aver realizzato il proprio sogno di essere nominato primo allenatore del suo Barcellona, vincendo anche una Liga conquistando 100 punti. 

Il match di Wembley
Il match di WembleyFlashscore

Una promozione alla quale, per sua stessa ammissione, aspira anche quello che, in questo momento, è considerato il viceallenatore più famoso del pianeta: Davide Ancelotti.

"La sfida non mi spaventa, ma abbiamo un contratto fino al 2026 e il mio obiettivo è quello di poter un giorno essere il primo allenatore qui". Ha risposto, così, il figlio di Carletto quando gli hanno chiesto se avesse intenzione di prendere in considerazione le offerte che gli sono arrivate da club di mezz'Europa che lo vorrebbero sulla loro panchina.

L'ultimo lo Stade de Reims che non si è dato per vinto dopo il primo "no" ricevuto e sembra intenzionato a continuare la propria offensiva fino a ottenere il tanto desiderato "sì": "Il giorno che comincerà ad allenare per conto suo, credo che gli andrà bene", ha assicurato il tecnico del Real Madrid.

I rigori di Manchester e Joselu

Ancelotti senior non è l'unico consapevole dell'importanza di suo figlio che si è guadagnato il rispetto in mondovisione nei minuti precedenti ai calci di rigore grazie ai quali, poco dopo, il Real avrebbe eliminato il Manchester City nei quarti di finale di Champions League.

A dare i nomi dei rigoristi e a motivare i blancos non c'era, infatti, Carletto - che ha preferito viverla tranquillamente in disparte - bensì Davide: "Quando mancavano cinque minuti ho cominciato a pensare ai possibili rigoristi e mentre finiva la partita li ho scritti su un foglietto e ne ho parlato con mio padre".

I meriti di Davide
I meriti di DavideFlashscore-StatsPerform

E c'è sempre lo zampino di Ancelotti junior nella sostituzione che ha permesso alla Casa blanca di ribaltare nei minuti finali della semifinale di ritorno il Bayern Monaco al Santiago Bernabéu: "La decisione di inserire Joselu l’abbiamo presa assieme", ha ammesso ridendo Carletto.

Il "no" di Florentino

Insomma, Davide è davvero pronto al grande salto, ma Florentino Pérez non sembra intenzionato a farlo andar via prima della scadenza naturale del suo contratto perché è cosciente - grazie anche e soprattutto, ai continui complimenti pubblici a lui rivolti dai calciatori del club merengue - di quanto sia fondamentale il suo lavoro: "Quanto è importante il mister? Beh, sia lui che il suo staff sono stati decisivi nei nostri successi", ha ammesso Dani Carvajal.

In un'intervista a France Football, il viceallenatore del Real Madrid ha descritto così il suo lavoro: "Papà fa l'allenatore da 30 anni e ha saputo inserire gente giovane nello staff. La fiducia è massima, anche nei confronti di Francesco Mauri (l'altro assistente, ndr). Il nostro compito è semplice: sfidarlo. E farlo dubitare. È quello di cui ha bisogno, sebbene per me sia più semplice dire la mia perché sono suo figlio. Lui, però, non si arrabbia mai in pubblico. A volte se ne va a fumare e poi torna. Ma a decidere è sempre lui".

E che le sue qualità siano fuori discussione lo ha confermato anche Javi Martínez che ha lavorato con loro al Bayern Monaco tra il 2016 e il 2017 e, quindi, non proprio ieri: "Davide è molto bravo e dà a Carlo quello che lui non conosce del calcio moderno".

Una bella rivincita per uno che quando aveva iniziato la propria carriera era visto come l'ennesimo "figlio di papà". E, invece, se dovrà rimandare il proprio volo solitario sarà perché dovrà rimanere vicino a suo padre più di quanto anche lui stesso avrebbe potuto immaginare. Prima di preoccuparsi di questo, però, c'è da vincere, sabato prossimo a Wembley contro il Borussia Dortmund, una finale di Champions League