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Champions League, è servito un Milan "all'italiana" per andare avanti in Europa

Antonio Moschella
Kjaer e Osimhen
Kjaer e OsimhenAFP
La squadra di Pioli, attendista e speculatrice, ha staccato il pass per le semifinali alla vecchia maniera, partendo dal binomio catenaccio-contropiede che storicamente ha beneficiato i club tricolore

La vecchia e cara Italia dell'Ancien Regime è tornata. O, per lo meno, è tornata nella versione proposta dal Milan di Stefano Pioli, che ha capito che per poter conquistare l'Europa doveva usare i vecchi italici rimedi. Ossia il catenaccio e il contropiede. Uno scudo solidissimo a due strati d'acciaio, esemplificato in una difesa dal baricentro molto basso, e una freccia, o meglio dire una lancia, in grado di perforare la difesa avversaria quando il rivale abbassava la guardia.

L'ancien regime in versione oplitica, praticamente. Era questa l'unica tattica che Calabria e compagni potevano adottare per uscire vivi dal Maradona, il cui pubblico ci ha provato ma è stato inferiore a quello di San Siro, sia per una questione formale di organizzazione della mancata coreografia sia per un imborghesimento elevato e ormai dirompente di quello che una volta era lo stadio più caldo d'Italia.

Il Napoli, del resto, non è una squadra italiana ma europea, di quelle verticali e non orizzontali, di quelle fedeli a un ideale di gioco virtuoso e sempre votato all'attacco, ha sentito la differenza d'indole con un Milan più scafato a questi livelli, nonostante nessuno dei componenti dell'undici di Pioli avesse mai davvero realizzato un percorso lungo e convincente in Europa.

Chiedere altro al Milan sarebbe stato ingiusto e severamente ipocrita. Consapevole delle qualità del rivale, che tornava ad avere a disposizione il bomber Osimhen, uno in grado di allungare la squadra di 30 metri, la vedetta lombarda spostata a Sud si è barricata per poi ripartire alla bersagliera, in un compendio di abnegazione e cinismo da manuale. 

Le statistiche del match
Le statistiche del matchFlashscore

Menti diverse

L'errore di Ndombele, che perdeva palla al limite dell'area, veniva seguito da almeno altri due in fase di ripiego, con Di Lorenzo e Rrahmani poco solerti nell'affondare il colpo per fermare un Leao lanciato come un razzo. Tre errori di seguito in pochi secondi. Davvero troppi per una squadra che vuole andare avanti in Europa, perché uno come il portoghese va abbattuto con un fallo tattico subito prima che riparta, visto che di contropiedi come quello statisticamente ce ne sono pochi.

Anche in questo differiscono il Milan e il Napoli, due realtà antitetiche dal punto di vista del gioco ma anche dell'approccio mentale. I campioni d'Italia in carica, attendisti e arrivisti, hanno giocato per vincere senza sottilizzare, e hanno avuto ragione. All'italiana per vincere in Europa, come ai vecchi tempi, come insegnava il buon Nereo Rocco, artefice dei primi trionfi rossoneri nel continente.

Kvaratskhelia dopo il rigore sbagliato
Kvaratskhelia dopo il rigore sbagliatoAFP

Da un lato gli azzurri erano obbligati a vincere per il tipo di gioco che predicano e per la loro condizione di capolista della Serie A. Dall'altro, però, i rossoneri dovevano giocare il loro blasone in queste competizioni, dove l'esperienza a volte conta più dell'effettivo valore in campo. E, nonostante tra gli uomini di Pioli non ci fosse neanche quell'Ibrahimovic che di partite importanti in Champions ne ha giocate a fiotti, lo scudo portato sul petto ha fatto la differenza.

E così, sulle ali di un entusiasta Leao che vola sulle praterie di un Maradona la cui festa è stata rovinata dall'invitato indesiderato, il Milan guadagna quella semifinale di Champions che misura la maturità di una squadra nella competizione frettolosa ed esigente. Il Napoli che mastica amaro è quello del calcio di rigore che Maignan para a Kvaratskhelia. È quello che si fa infilare in contropiede e che non ha sviluppato la cattiveria giusta per i palcoscenici importanti. Ed è quello che, troppo europeo, è stato paradossalmente buttato fuori dalla competizione continentale attraverso il gioco italiano di un avversario che nella stessa Italia si è mostrato inferiore nella continuità. Scherzi e certezze del calcio.