Parigi 2024, la drammatica ed emblematica disfatta di Jokic contro il Dream Team
C'è stato un momento, stasera, in cui Nikola Jokic avrebbe voluto gettarsi a capofitto su Joel Embiid per stopparlo. Ma non lo ha fatto, permettendo così al giocatore di origini camerunesi di segnare in fade-away un canestro da tre punti che nel finale di USA-Serbia ha permesso ai nordamericani di registrare l'allungo decisivo per la vittoria in semifinale. Il tutto perché, a circa sei minuti dalla fine dell'incontro, il centro dei Denver Nuggets aveva fatto registrare il suo quarto fallo, che lo portava così sul baratro dell'espulsione.
In campo per 37 minuti e 41 secondi, ben quattro primi in più del secondo, Stephen Curry, l'MVP di tre delle ultime quattro stagioni regolari della NBA ha fatto di tutto per portare la sua nazionale a uno storico trionfo contro un Dream Team altrettanto leggendario. E, alla fine, è capitolato insieme ai suoi compagni con tutto l'onore possibile. I suoi 17 punti, abbinati a cinque rimbalzi e 11 assist, accompagnati da un 7-17 dal campo, sono in effetti un bottino non eccezionale per un fenomeno come lui, che nel tiro da tre ha fatto realizzare zero centri su sei tiri.
L'errore che però è costato la finale ai serbi, che nel secondo quarto erano in vantaggio di ben 17 punti su LeBron James e compagni, è stata la leggerezza che sul vantaggio di 82-75 per i balcanici ha permesso di segnare una tripla e di andare a eseguire un libero a Kevin Durant. Il fallo, il suo quarto, lo ha infatti limitato in difesa e in attacco, dove i suoi avevano più bisogno di lui nel momento chiave. Poi, i quattro punti in un secondo realizzati da un Durant entrato a salvare i suoi hanno rappresentato la botta finale per i serbi, arrivati col fiato corto e senza tante alternative per concretizzare le giocate con la palla che scottava.
Se, infatti, da un lato gli Usa potevano contare su LeBron, Durant, Curry (top scorer con 36 punti) e su un Embiid solidissimo in pitturata, i balcanici pagavano dazio dal punto di vista mentale. Perché, sull'86-84 per la Serbia, un liberissimo Bogdanovic sciupava la palla del possibile +5, in seguito alla quale un più fortunato Curry vedeva la palla lanciata da oltre otto metri ballonzolare sul ferro prima di entrare. E dal possibile solco i serbi finivano sotto di un punto, senza più riuscire a riprendersi.
Sconsolato e affranto, Jokic provava a sgomitare mentre vedeva Bogdanovic perdere un clamoroso possesso a centrocampo, dove rientrava per sbaglio nella propria metà. Il suo sguardo la diceva tutta sulla sua insoddisfazione, ma era anche il riflesso di una battaglia durissima che lo ha visto lottare con abnegazione. In effetti, per riuscire a batterlo e con grande fatica, gli Stati Uniti hanno avuto bisogno di tre leggende del loro basket, tra le quali il miglior realizzatore di sempre e il miglior tiratore da tre di sempre, ossia James e Curry. Questa, in fin dei conti, sarà una soddisfazione eterna per Nikola, che guarderà indietro con il suo sorriso sornione di sempre, e cercherà la rivincita a partire da ottobre, proprio nel paese che avrebbe potuto umiliare.