ESCLUSIVA - Final Four Eurolega, Laprovittola: "Contro il Real Madrid sarà una guerra"
BARCELLONA - Con quei baffi d'altri tempi, se si fosse presentato ai provini del film diretto da Santiago Mitre, 'Argentina, 1985', Nicolás Laprovittola, guardia del Barça, avrebbe sicuramente ottenuto un ruolo. Nonostante sia diventato padre, 'Lapro' ha ancora l'aspetto di uno studente universitario: un po' intellettuale, un po' guascone. Ed è per questa ragione che avrebbe potuto essere uno dei giovani sbarbatelli che aiutano Ricardo Darín a fare giustizia in nome dei desaparecidos. Un giocatore all'antica. Un folle fantastico. Talento. Cuore.
Si taglierebbe i baffi in cambio dell'Eurolega?
"Messi ha alzato al cielo la Coppa del mondo e ho ancora i baffi. Non ho fatto nessuna promessa in uno dei momenti più felici della mia vita e, per questo, non lo farò nemmeno ora".
Sa che Enzo Ferrari diceva che un pilota, quando diventa padre, perde due secondi a giro?
(Ride) "Meno male, allora, che Leclerc non ha figli...".
Nel suo caso ha perso qualcosa o l'ha guadagnata?
"Mi è servito a capire quali sono le cose importanti della vita. A non pensare sempre al basket. E questo mi ha aiutato a togliermi di dosso un po' di pressione".
Veniamo al Clásico contro il Real Madrid. Quant'è grande la voglia di rivincita dopo la sconfitta dell'anno scorso?
"È stato un colpo molto duro. Più che voglia di rivincita, abbiamo voglia di giocare di nuovo una Final Four. Abbiamo un'opportunità molto grande davanti a noi. Vogliamo giocare, competere e arrivare in finale".
Da gran tifoso di calcio qual è, saprà che, prima di scendere in campo, Johan Cruijff diceva ai propri ragazzi: 'Salid y disfrutad', andate e divertitevi. La sensazione con Sarunas Jasikevicius è, invece, quella che prepara tutte le partite come una guerra. Contro il Real ci sarà da divertirsi o sarà una guerra?
"La verità è che io a volte mi diverto molto anche se Saras si arrabbia. Credo, però, che la partita di venerdì prossimo sarà una guerra. Sì, una guerra".
Siete in forma?
"Stiamo bene e, negli ultimi tempi, stiamo giocando molto bene a basket. Dovremo scendere in campo pensando proprio a tutto ciò che di buono abbiamo fatto quest'anno".
Uno come Tavares, meglio averlo come compagno che come rivale...
"È stato, per me, un grande compagno di squadra. È stata una grande fortuna giocare con lui. Dobbiamo provare a fare in modo che si senta scomodo. Quantomeno dobbiamo provarci, perché è un giocatore determinante anche nella costruzione del gioco".
Quando si parla della sua avventura a Madrid, lo si fa sempre con un'accezione negativa. Eppure qualcosa di positivo ci sarà anche stato?
"Nel momento in cui decisi di trasferirmi a Madrid, il Real era la migliore opzione. Poi, può anche essere vero che le cose non siano andate molto bene, ma giocare nel Real Madrid, così come farlo in Nba o nel Barça ti cambia la carriera, ti dà prestigio ed era proprio quello che cercavo: volevo confermarmi ai più alti livelli in Europa. Qui a Barcellona, poi, ho trovato dei compagni fantastici e un allenatore come Saras che è riuscito a togliere fuori la parte migliore del mio basket".
Che Real Madrid si aspetta?
"È una partita difficile da immaginare, ma ci siamo preparati concentrandoci anche su alcuni aspetti, come la zona, che hanno messo in campo contro il Partizan. Sono 40 minuti e dovremo essere pronti a tutto: a lottare e superare i momenti di difficoltà. Si sfideranno due grandi squadre e per questo sarà un match molto complicato".
Come si arriva in finale?
"Non devi avere paura di giocare. E, per quanto mi riguarda, non ho ne ho mai avuta. Nemmeno ogni volta che ho deciso di andare da una città all'altra per giocare. Non mancheranno nervi e tensione, ma se giocheremo con una mentalità vincente, passeremo".
Ha avuto la fortuna di giocare con il suo idolo, Manu Ginobili, uno che Maradona ha definito il più grande sportivo della storia dell'Argentina. Cosa si porta dietro di quell'esperienza?
"Manu è l'idolo della mia generazione, di quella successiva e lo sarà anche delle generazioni future. Per sempre. Mi considero molto fortunato per aver avuto questa possibilità e per aver conosciuto non solo l'atleta, ma anche la persona e la sua famiglia. Essere stato in squadra con lui è, senza dubbio, una delle cose che ha cambiato la mia carriera".